Domande degli studenti

Efficienza marginale del capitale

DOMANDA – Che differenza c’è tra Produttività Marginale del Capitale ed Efficienza Marginale del Capitale?

RISPOSTA – Il termine efficienza marginale del capitale fu usato da Keynes nei lavori preparatori del suo libro La Teoria Generale dell’Occupazione, Interesse e Moneta (e poi nel libro stesso) con l’intento di riprendere e adattare alle esigenze del suo nuovo lavoro di ricerca il concetto di produttività marginale del capitale usato da Marshall (Maestro dell’economia politica all’Università di Cambridge, Inghilterra e punto di riferimento per le persone allora più giovani, come Keynes). Nelle analisi di scuola neoclassica la decrescenza della curva dell’effecienza marginale del capitale riflette la decrescenza della curva della produttività marginale del capitale. Aumentando l’impiego di capitale, fermo restando l’impiego degli altri fattori produttivi, il prodotto marginale diminuisce e così pure l’efficienza marginale del capitale. Ritorneremo su questi punti nelle prossime lezioni parlando delle analisi dell’investimento.

Tasso d’interesse

DOMANDA – Perché per i neoclassici il tasso di interesse misura la scarsità del capitale?

RISPOSTA – Questo punto di vista è legato all’idea che il prezzo di un bene riflette la sua scarsità relativa. Trasposto ai fattori produttivi, se aumenta la quantità esistente nell’economia di un fattore produttivo (ad esempio, del lavoro), fermo restando quella degli altri fattori produttivi, il prezzo del lavoro deve diminuire e quello degli altri fattori aumentare. Se i flussi migratori fanno aumentare la forza lavoro, a parità di altre condizioni, il salario deve diminuire e le remunerazioni degli altri fattori aumentare. La descrescenza delle produttività marginale dei fattori nell’analisi della distribuzione del reddito neoclassica rafforza questa visione. L’idea che i saggi dei rendimento dei fattori produttivi riflettono la loro scarsità relativa perde forza se non possiamo considerare decrescente la produttività marginale dei fattori. In questo secondo caso i saggi di remunerazione dei fattori son uguali alla loro produttività marginale, ma queste ultime non possomo più essere considerate come degli indicatori della loro scarsità relativa.

Stagflazione

DOMANDA – Non mi è chiaro il processo che porta alla stagflazione. Per favore, può chiarirmelo?

RISPOSTA – Le analisi critiche dei Monetaristi verso le posizioni keynesiane portarono a concludere che sia la politica monetaria “discrezionale” (propria dell’impostazione keynesiana) che quella fiscale “discrezionale” possono portare inizialmente a risultati positivi, ma con il passare del tempo destabilizzeranno l’economia. La stagflazione è il risultato di un processo che destabilizza l’economia a seguito dell’applicazione di politiche economiche “discrezionali” (o keynesiane). Il processo è attivato dalla formazione di aspettative inflazionistiche che si rafforzano nel tempo (ossia che tendono a generare un tasso di inflazione atteso sempre più alto). Una politica monetaria “discrezionale” stabilizzerà nell’immediato il tasso di  interesse (e quindi l’investimento e il tasso di crescita) a costo di fare aumentare in qualche misura l’inflazione. Il fatto che gli operatori sperimentano un’inflazione che lentamente va aumentato produce un tasso di inflazione atteso via via più elevato. Il processo continuerà fino a che la politica monetaria non potrà più cessare l’aumento dell’inflazione e dovrà acquisire un taglio restrittivo che genererà una stagnazione (e un aumento della disoccupazione) in presenza di alti tassi d’inflazione (per l’appunto una “stagflazione”. Analogamente una politica fiscale discrezionale (o Keynesiana) che vorrebbe abbassare il tasso di disoccupazione al di sotto di quello “naturale” genererà un qualche aumento del tasso di inflazione, che inciderà sulle aspettative inflazionistiche. Se il governo persisterà nel suo tentativo di abbassare il tasso d’inflazione al di sotto di quello “naturale”, farà aumentare sempre più il tasso di inflazione (e di conseguenza le aspettative inflazionistiche degli operatori) fino al punto in cui non sarà più possibile trascurare l’inflazione stessa e sarà necessario tornare a una politica fiscale più restrittiva che genererà una stagnazione (e un aumento della disoccupazione) in presenza di alti tassi d’inflazione (per l’appunto una “stagflazione”).

Domanda di lavoro

DOMANDA – Nel libro di testo si afferma che per Keynes la curva della produttività marginale del lavoro non può essere considerata uguale a quella di domanda di lavoro della scuola neoclassica. Perché?

RISPOSTA – Per Keynes la curva del prodotto marginale del lavoro si trasforma nella curva di domanda di lavoro. L’affermazione contraria non è di Keynes, ma è sostenuta da Davidson in un suo articolo. Il vostro libro di testo riporta questa posizione, però molti studiosi, come lei e come me, non riescono a capire perché sia così.

Valore delle obbligazioni

DOMANDA – Se cambia il saggio di interesse cambia anche il valore nominale dell’obbligazione? Nell’esempio di oggi, se acquisto un’obbligazione al valore nominale di 1000 con saggio di interesse del 10% e successivamente il saggio di interesse aumenta del 10% sulle obbligazioni di nuova emissione, il valore 1000 della mia obbligazione diminuisce?

RISPOSTA – Un’obbligazione ha un valore nominale, che è anche il valore di rimborso del titolo, supponiamo che questo valore sia pari a 1000 euro. Ha poi un valore (o prezzo) di mercato, che oscilla seguendo le fluttuazioni del saggio di interesse. Il titolo ha un tasso di interesse nominale, che in genere corrisponde a quello che prevale sul mercato al momento dell’emissione del titolo. Se, dopo l’emissione del titolo, si verifica una variazione del tasso di interesse, il prezzo di mercato dell’obbligazione varia. Se il tasso di interesse aumenta, il prezzo di mercato del titolo diminuisce e viceversa. Se il titolo è emesso a un tasso nominale del 10% e, in seguito, il tasso di interesse che prevale sui mercati diventa il 20%, non converrà acquistare i vecchi titoli (che rendono il 10%), ma quelli di nuova emissione (che rendono il 20%). Per questo motivo il prezzo di mercato dei vecchi titoli diminuirà fino a giungere a un valore che rende il saggio di interesse che si percepisce su di essi pari al 20%.

Distribuzione del reddito

DOMANDA – A pag. 124 del libro di Jossa (edizione 2000), all’ultimo capoverso si legge che “quando il TASSO D’INTERESSE scende, i SALARI aumentano”: perché? Nel paragrafo precedente si legge invece che quando i SALARI si riducono, il livello dei prezzi scende, la domanda di moneta si riduce e il TASSO D’INTERESSE diminuisce.

RISPOSTA – I due effetti emergono all’interno di due diversi modelli analitici. Quello riportato nel “paragrafo precedente” fa riferimento a un modello in cui i prezzi si determinano in base alla teoria del costo pieno. In esso il saggio di profitto è dato e constante. Quando i salari monetari diminuiscono il costo del lavoro per unità di prodotto diminuisce e, poichè il margine di profitto caricato sul cosiddetto “costo primo diretto” è costante, i prezzi monetari diminuiscono. Se il livello generale dei prezzi diminuisce il saggio di interesse (se usa un modello IS-LM) diminuisce. Sta muovendosi lungo una curva di domanda aggregata secondo la rinascita neoclassica (capitolo 14 del libro di testo).
L’effetto di cui si parla a pagina 124 sta usando un modello analitico per la determinazione dei prezzi in cui il saggio di profitto non è dato, ma è inversamente collegato al saggio di salario reale. Questo modello rappresenta un’analisi di lungo periodo (si ocnsidera un punto del sentiero di equilibrio, per intenderci), diversa quindi da quella delle analisi IS-LM, che è di breve periodo (si considerano le fluttazioni cicliche intorno al sentiero di equilibrio, per intenderci). Nelle analisi di lungo periodo il saggio di interesse e il saggio di profitto devono muoversi nella stessa direzione. Quindi, se il saggio d’interesse scende, il saggio di profitto scende pure, e siccome c’è in questo modello una relazione inversa tra il saggio di profitto e quello di salario reale, il secondo sale.

Il modello IS-LM

DOMANDA – Se ci troviamo lungo la retta LM siamo in una posizione di equilibrio, ma se siamo in un punto al di sopra del sentiero di equilibrio, vi è eccesso di domanda o eccesso di offerta di moneta?

RISPOSTA – Per verificare se un punto esterno alla LM sia di eccesso di domanda o eccesso di offerta di moneta può procedere come segue. Scelga un percorso per tornare dal punto esterno alla LM alla stessa LM. Ad esempio, se il punto esterno è al di sopra (o a destra) della LM, provi a mantenere costante il saggio di interesse r e a ridurre X. A mano a mano che X si riduce il punto esterno si muoverà orizzontalmente (ossia parallelamente all’asse delle ascisse) verso la LM. Tornerà così in equilibrio mantenendo costante la domanda di moneta a scopo speculativo (perché r é costante) e diminuendo la domanda di moneta a scopo transattivo (perché X si riduce). La domanda di moneta complessiva, che è la somma delle due appena menzionate, si riduce conseguentemente e tornerà in equilibrio mantenendo costante l’offerta di moneta e riducendo la domanda di moneta. E’ evidente che il punto esterno alla LM era un punto a cui corrispondeva un eccesso di domanda di moneta sull’offerta.Quello appena indicato è un percorso che può seguire per affrontare il problema. Avrebbe potuto seguire altri percorsi.

Domanda e offerta, di mercato e aggregate

DOMANDA – Quali sono le analogie e le differenze tra le curve di domanda e di offerta di un bene o di un fattore produttivo e le curve di offerta aggregata e di domanda aggregata secondo la rinascita neoclassica?

RISPOSTA – Non è una domanda facile e si possono incontrare risposte diverse. Proverò a dire qualcosa che non corrisponde a ciò che si trova nel libro di testo. Il fatto certo (che non richiede interpretazioni) è che nel caso di una curva di domanda (o offerta) di un bene (o di un fattore produttivo) troviamo su un asse la quantità del bene (o del fattore) e sull’altro il loro prezzo. Nel caso della curva di domanda o offerta aggregata troviamo sugli assi il PIL e il livello generale dei prezzi. Dal punto di vista interpretativo forse si può dire che le curve di domanda (o offerta) di un bene (o di un fattore produttivo) si ricavano dalle scelte ottimizzanti dei consumatori (e dei produttori) ai diversi prezzi. La curva di domanda aggregata descrive invece le condizioni di equilibrio macroeconomico (ricavate da un modello IS-LM) tra le variabili livello generale dei prezzi e PIL, mentre la curva di offerta aggregata descrive la relazione tra il livello generale dei prezzi e il PIL ponendo al centro dell’analisi le scelte dei produttori.

395 thoughts on “Domande degli studenti

  1. fabio garofalo ha detto:

    DOMANDA: Che cosa è l’approccio assorbimento alla bilancia dei pagamenti?

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      en passant

      😀

      l’Approccio dell’Assorbimento è una Teoria della Bilancia dei Pagamenti che spiega gli Avanzi e i Disavanzi nei Conti con l’Estero con le Variazioni del Reddito e della Spesa.

      ad esempio, secondo i Teorici di questo Approccio un Eccesso della Spesa sulla Produzione Interna provocherebbe un Deficit della Bilancia Commerciale, cioè un Eccesso delle Importazioni sulle Esportazioni.

      et cetera, et cetera, et cetera…

      se sbaglio, sono in buona fede

      😀

      Pendolarismo: continuo andar su e giù come cibo mal digerito

      bonne nuit

      • Carlo Panico ha detto:

        risposta sintentica ma pregnante. Complimenti. Per gli studenti: Questa è la sostanza, ma in sede di esame è meglio dire qualcosa di più e di analitico

    • Valentina ha detto:

      Valentina scrive:

      23 gennaio 2014 alle 17:40

      Ho una domanda riguardo politica economica, sulla funzione di produzione tra capitale e lavoro e prodotto marginale.Volevo sapere come mai un aumento della quantità di capitale, provoca un aumento del PML, e una diminuzione di PMK ? E un aumento della quantità di lavoro riduce il PML e aumenta il PMK? Quello che non mi riesco a spiegare , è questo. Spero di ricevere una risposta.Grazie

  2. Loredana ha detto:

    Domanda: a pag.97 dello Jossa si dice che la domanda di moneta per il motivo speculativo deriva dall’esistenza di incertezza circa il futuro saggio di interesse e dal conseguente desiderio di posseder moneta liquida allo scopo dievitare le perdite che si avrebbero ,se si tenessero titoli,all’aumentare del tasso di interesse…Perchè si hanno delle perdite in tal caso?

    • Valerio Filoso ha detto:

      Il valore di una rendita perpetua (il tipo più semplice di titolo di credito) è dato da V = P/r, dove V è il valore, P è il pagamento annuale, r è il tasso d’interesse. Se ci si attende che r cresca, allora questo è equivalente a sostenere che ci si attende un deprezzamento del titolo di credito. Se questo titolo è in portafoglio, allora, vuol dire che ci si attende di registrare perdite in conto capitale.

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      ad abundantiam

      se oggi al prezzo di 100 euro compro un’obbligazione “lattecaldoconbiscotti” che mi assicura un rendimento annuo del 5 per cento e domani il tasso d’interesse delle obbligazioni “lattecaldoconbiscotti” sale al 10 per cento, il mio titolo in portafoglio, nonostante appartenga alla stessa “famiglia” di titoli emessi dalla società “lattecaldoconbiscotti”, avrà un valore più basso rispetto alle obbligazioni di nuova emissione. perché? perché mi offre un ritorno meno profittevole rispetto al guadagno atteso dai compratori dei nuovi titoli “lattecaldoconbiscotti” appena immessi sul mercato.

      i miei 100 euro investiti nel titolo mi rendono infatti solo 5 euro all’anno, invece 100 euro investiti nei nuovi titoli porteranno un guadagno di 10 euro.

      se decidessi di scambiare il mio titolo con moneta, perché mi aspetto che il suo valore scenderà ancora o soltanto per procurarmi liquidità, potrei rivenderlo sul mercato solo ad un prezzo più basso di quello che avevo pagato.

      il prezzo a cui rivenderò il titolo sarà uguale al rapporto tra l’attuale rendimento del mio titolo, espresso in termini monetari, e il nuovo tasso d’interesse.

      in matematichese, 5 euro diviso per 0,10 è uguale a 50 euro.

      50 euro: la perdità in conto capitale ha già assorbito metà del mio iniziale “investimento”.

      la parola “investimento” cade a fagiolo, perché il motivo speculativo riguarda questo tipo di operazione, acquistare a poco o a tanto e rivendere a quel poco o quel tanto in più che mi assicuri un profitto. secondo keynes il movente speculativo spinge gli individui a domandare moneta, cioè a detenerla, insieme alla necessità di avere contante per eseguire pagamenti o al motivo precauzionale.

  3. Loredana ha detto:

    La ringrazio dottor Filoso.

  4. Loredana ha detto:

    Pur avendola letta e riletta,non riesco ancora a comprendere la teoria della distribuzione di Kalecki!!:( Help.

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      nel modello di Kalecki la società è divisa in due classi, capitalisti e lavoratori. ognuna si appropria di una quota del prodotto nazionale, sotto forma di profitto i capitalisti e di salario i lavoratori.

      il reddito nazionale sarà quindi diviso tra profitti e salari, questi ultimi considerati in termini reali e non monetari.

      il salario reale (è il potere di acquisto del salario, la quantità di beni che il lavoratore può comprare spendendo tutta la sua busta paga) è uguale al rapporto tra il salario monetario (la busta paga) e il livello dei prezzi.

      poiché il salario monetario è dato a livello di contrattazione sindacale, se mostriamo come si formano i prezzi, abbiamo un’indicazione del modo in cui si ripartisce il prodotto totale di un’economia tra le classi sociali: una teoria della distribuzione. se infatti dal prodotto nazionale sottraiamo il monte salari (che è il fondo per il mantenimento del lavoro, ossia il totale delle retribuzioni dei lavoratori), otteniamo i profitti distribuiti ai capitalisti.

      secondo Kalecki, la grande impresa industriale fissa il prezzo della merce in base ai suoi costi di produzione e alla media dei prezzi ai quali le altre imprese offrono sul mercato un bene simile al suo. essa sceglierà un livello di prezzo sufficiente a remunerare i fattori produttivi, lasciandosi anche un margine di profitto, e tale che la sua offerta non sia battuta dalla concorrenza, se questa chiedesse un prezzo più conveniente.

      la scelta del prezzo dipenderà quindi da due coefficienti (Jossa li chiama “m” e “n”) che, secondo Kalecki, esprimono il “grado di monopolio”, la forza di quell’impresa.

      in una visione complessiva del mercato se immaginiamo il sistema delle imprese come un’unica grande industria e assumiamo come dato il grado di monopolio, il prezzo unitario medio delle merci dipenderà dal costo unitario medio rappresentato dai soli costi di lavoro, cioè i salari: si sta facendo quindi l’ipotesi che in questo sistema integrato di imprese vi sia un unico fattore produttivo da remunerare, il lavoro.

      ora, poiché il costo di lavoro di un’unità di merce (il costo unitario medio espresso in lavoro) è uguale al rapporto tra il salario unitario e la produttivita media del lavoratore, se moltiplichiamo numeratore e denominatore di questo rapporto per il numero dei lavoratori occupati e poi dividiamo i due termini dell’equazione per il livello dei prezzi (allo scopo di dare una veste monetaria al prodotto nazionale altrimenti espresso in termini fisici), otteniamo la quota dei salari sul prodotto totale, che è uguale al rapporto tra il monte salari e il prodotto nazionale.

      se è vero che la quota dei salari sul prodotto totale è uguale al rapporto tra costo unitario medio e prezzo unitario medio, è vero anche che il prezzo unitario medio è uguale al rapporto tra costo unitario medio e quota dei salari.

      adesso manca solo un ultimo passaggio che muove alla conclusione che il rapporto tra profitti e salari è uguale al grado di monopolio.

      sono uno studente e questa è solo una proposta (giusta o sbagliata?) di lettura del manuale in attesa di una risposta certa del dottor Filoso o del professor Panico.

      • Carlo Panico ha detto:

        Devo di nuovo complimentarmi con il sig. Mazzaracchio.
        Per la signorina Loredana, se ha ancora problemi mi faccia sapere.

  5. Loredana Manniello ha detto:

    Ti ringrazio Gianmaria,più o meno anche io ho capito questo.Speriamo che il dottor FIloso o il prof. ci diano una risposta più certa!buono studio.

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      in summa

      il modello di Kalecki indica una rapporto tra il grado di monopolio e la distribuzione del reddito tale che, se il grado di monopolio aumenta, la distribuzione si sposta a favore dei profitti ovvero mostra una relazione inversa tra la forza delle imprese sul mercato e la quota di reddito distribuita alla classe dei lavoratori: se le imprese dominano il mercato, pagheranno bassi salari.

      chissà se questo modello trova una corrispondenza nella realtà di oggi e, ove la trovasse, se dall’analisi positiva si potrebbe passare ad una normativa (scienza delle finanze docet) affermando che per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori occorre intervenire sul meccanismo di formazione dei prezzi.

      se mi sono perso nel ragionamento, chiedo umilmente venia.

    • Carlo Panico ha detto:

      Sono a disposizione alla fine della lezione o in dipartimento per comprendere quali sono i particolari che le sfuggono dopo la risposta del sig. Mazzaracchio

      • Loredana Manniello ha detto:

        La ringrazio prof.Panico,dopo aver riletto la teoria sul testo alla luce di quanto spiegato anche dal mio collega mi risulta chiaro il tutto.La ringrazio per la sua disponibilità.

    • Carlo Panico ha detto:

      Mi scusi signorina Manniello. Aggiungo che, se per lei è più comodo possiamo continuare a usare il blog, ma vorrei capire, dopo l’intervento del sig. Mazzaracchio, su quali punti specifici posso intervenire

  6. Loredana Manniello ha detto:

    Ultima domanda: La critica di Sraffa alla teoria della distribuzione neoclassica?Tu come la esponi?Sul libro è un pò confusionaria e non son sicura di averla compresa per bene!

    • Carlo Panico ha detto:

      Come ho indicato a lezione, il punto centrale della critica di SRaffa alla teoria della distribuzione neoclassica è che l’assunzione che il prodotto marginale dei fattori è decrescente può non valere in un’economia in cui sono prodotte più di una merce. Se nell’economia esiste una sola merce, il prodotto, l’incremento di prodotto e la varazione nell’impiego di capitale possono essere misurati in termini “fisici”, ossia nella stessa unità di misura in cui si misura la quantità della merce (Kili, numero di pezzi, litri, ecc.). Se invece nell’economia si producono più merci, dobbiamo misurare le grandezze suddette in valore e, quindi, dobbiamo considerare le loro quantità moltiplicate per i prezzi delle merci che compongono queste grandezze. In questo caso, le variazioni dei prezzi possono provocare un aumento, invece che una diminuzione, della variazione del prodotto quando aumentiamo l’impiego di un fattore fermo restando l’impiego degli altri fattori. In sintesi, i risultati che vanno in un’economia dove si produce una sola merce non sempre sono confermati dalle analisi in cui si considera che più merci vengono prodotte.
      Spero che l’aiuti. In caso contrario, mi faccia sapere

      • Loredana Manniello ha detto:

        Si,mi è chiaro.In realtà io c’ero a lezione e capii,ricordo anche che dimostrò la spiegazione con un grafico dove riportava la curva non più monotona ma spezzata.Soltanto che poi leggendo il testo mi son persa,cioè non riuscivo a ricollegare la sua spiegazione a quella del libro.

  7. fabio garofalo ha detto:

    Cosa provoca gli squilibri nei movimenti di capitale della bilancia dei pagamenti?

    • Carlo Panico ha detto:

      Una delle cause degli squilibri nei movimenti di capitale della bilancia dei pagamenti è l’aumento del differenziale tra tassi di interessi nazionali e internazionali. E’ a questo che si riferisce il libro di testo nel capitolo 23 paragrafo 9

  8. Loredana Manniello ha detto:

    Moltiplicatore degli investimenti e dell’occupazione pag.78 Jossa.Allora ho capito la teoria,cioè che dato un certo aumento degli investimenti ,il reddito prodotto aumenterà di un multimplo dell’aumento degli investimenti ,pari all’inverso della propensione marginale al risparmio.Ora però sul testo riporta un esempio concreto che dovrebbe far capire in realtà come funziona questo moltiplicatore ed io non l’ho capito!Dato che questo serve poi anche a comprendere bene la teoria della distribuzione di Kaldor che lo riprende.Qualcuno può spiegarmi in concreto come funziona sto moltiplicatore?Gianmaria,confido in te!:D

    • Carlo Panico ha detto:

      E’ necessario tenere distinto due problemi. Da un lato il problema della determinazione del livello di reddito prodotto. Se variano le componenti autonome della domanda, ad esempio se varia il livello degli investimenti, il reddito varia come indica il moltiplicatore. Un problema distinto è quello della distribuzione del reddito, a cui si riferisce il libro di testo quando espone la teoria di Kaldor e Pasinetti. Questi autori fanno notare che se le propensioni dei capitalisti e dei lavori sono diverse, dalle condizioni di equilibrio è possibile derivare che il saggio di profitto è uguale al rapporto tra il saggio di crescita e la propensione al risparmio dei capitalisti. Il caso più semplice è quello in cui solo i capitalisti risparmiano. In questo caso i risparmi della collettività sono uguali a quelli dei capitalisti, ossia sono uguali alla propensione al risparmio dei capitalisti moltiplicata per i loro profitti. Questi risparmi devono essere uguali al flusso di investimenti. Dividendo l’ammontare degli investimenti per la propensione al risparmio si ottiene quindi l’ammontare dei profitti. E dividendo sia il rapporto tra investimenti e propensione al risparmio dei capitalisti che i profitti per il valore del capitale si ottiene che il saggio di profitto è uguale al saggio di crescita dell’economia diviso per la propensione al risparmio dei capitalisti. Questo risultato, ottenuto da Kaldor, fu poi generalizzato da Pasinetti al caso in cui anche i lavoratori risparmiamo.

  9. fabio garofalo ha detto:

    Allora,Loredana,Kaldor presuppone che già ci sia piena occupazione e quindi per raggiungere la condizione di equilibrio tra risparmi e investimenti,nn bisogna aumentare I per aumentare il reddito,visto ke sono già tutti occupati,ma bisogna modificare la distribuzione dei redditi dai lavoratori ai capitalisti.

  10. fabio garofalo ha detto:

    I,quindi ,si aumenterà per far crescere i prezzi,facendo crescere i prezzi aumentano i profitti dei capitalisti,e così il reddito si distribuisce dai lavoratori ai capitalisti.

  11. mariano ha detto:

    Sono una matricola 991ed ho visto che a gennaio cambia la cattedra.vorrei sapere se questa rotazione colpisce anche la mia posizione

  12. mariano ha detto:

    vorrei sapere se questa cattedra cambia a gennaio e per quali studenti????

  13. Vittorio ha detto:

    salve ragazzi,sapreste dirmi per caso come è possibile reperire le vecchie domande di esame del prof Panico? mi hanno detto che sono sul blog ma non le trovo…. Grazie

  14. Loredana Manniello ha detto:

    Scusate,in caso di esito negativo a Dicembre,è possibile ripetere l’esame e Gennaio?!

  15. Maria Rosaria Gini ha detto:

    Mi sapreste dire, in riferimento al modello IS-LM in quali casi la politica monetaria è più efficace della politica fiscale? Grazie mille

    • Carlo Panico ha detto:

      La politica monetaria è più efficace della fiscale quando la IS incrocia la LM nel tratto verticale della LM o nelle sue vicinanze. Però è necessario presentare il punto in forma analitica. Lo sa fare? Sa collegare la questione a quella dello spiazzamento? Sa porre il problema in termini di elasticità della IS e della LM? Sa porre il problema in termini di elasticità della curva di domanda di moneta e della curva di domanda degli investimenti? E sa porre in relazione il tema con le prime due idee guida del monetarismo (capitolo 16 paragrafo 2 del libro di testo)?

  16. Michele ha detto:

    Egregio professor Panico,
    sono uno studente del terzo anno dell’ateneo Federicoii iscritto alla facoltà di giurisprudenza ; guardando il programma e seguendo il corso di economia politica da lei tenuto, ho notato che le teorie Marxiste vengono trascurate e non approfondite. Nel chiedermi la motivazioni , mi si è posto il dubbio se le stesse potessero costituire una valida alternativa alle teorie capitaliste considerato le patologie di cui tale sistema economico soffre a prescindere dalle applicazioni pratiche che il sistema comunista ha avuto.
    La ringrazio anticipatamente per la risposta.
    Distinti saluti.

    • Valerio Filoso ha detto:

      Caro Michele, in attesa di una risposta del professore, Le scrivo il mio parere. Lei vuole sapere se la teoria economica marxista possa essere considerata un’alternativa valida alla teoria capitalista “a prescindere dalle applicazioni che il sistema comunista ha avuto”. Le rispondo, quindi, solo sul piano teorico. La teoria economica marxista è affetta da tali e tante incongruenze da renderla inservibile: una per tutte, la teoria del valore-lavoro, che ne costituisce l’aspetto centrale, è stata demolita già nell’800 da Eugen Böhm-Bawerk, come può leggere a questo indirizzo.
      Esistono molti libri che ricostruiscono il dibattito che si è acceso sul tema sino agli anni 70-80 e che dovrebbero essere ancora reperibili, anche nella biblioteca del nostro dipartimento. Qualche aspetto isolato del marxismo sopravvive anche nella letteratura economica contemporanea (alcuni di questi li troverà citati nel corso), ma il progetto complessivo e grandioso di descrivere compiutamente le leggi di evoluzione della società capitalistica è fallito, se non altro perché tali leggi non esistono, almeno nella forma concepita da Marx. Aggiungo che l’evidenza storica, la quale attrae parecchio l’attenzione degli economisti, mostra come qualunque tipologia di esperimento comunista è risultata fallimentare e che le previsioni del marxismo si sono rivelate infondate. Ovviamente, gli studiosi marxisti sostengono l’esatto contrario, ma nei loro scritti troverà che il confronto con la realtà li costringe di continuo a torturare e a deformare le loro affermazioni in modo tale da farle assomigliarequanto più possibile, a posteriori, all’evidenza storica, secondo la famosa massima che “le migliori previsioni che si possono fare riguardano il passato”.

    • Carlo Panico ha detto:

      Per alcuni economisti le teorie marxiste possono costituire un’alternativa alle teorie dominanti. La questione è complessa e va approfondita. Se è interessato possiamo discuterne nei modi che preferisce e possiamo anche organizzare un incontro o un seminario. Sono a vostra disposizione

  17. Michele ha detto:

    La ringrazio per la risposta dott. Filoso, sicuramente esaminerò il documento che lei gentilmente mi ha fornito.

  18. Michele ha detto:

    Grazie professor Panico per la disponibilità mostrata,mi presentero in dipartimento di persona quanto prima per informarmi su questo aspetto dell’economia che è stato tanto trattato e che ha attirato la mia curiosità , e che sicuramente lei saprà spiegarmi nel migliore dei modi con la moderazione e la terzieta che ha caratterizzato le sue lezion.

  19. fabio garofalo ha detto:

    DOMANDA: In quale pagina del libro si trova l’offerta aggregata secondo la legge di Okun?

  20. Giulio Sorrentino ha detto:

    Qualche tempo fa è stato organizzato in facoltà un convegno, al quale molti prof di eco. hanno assisto, sulla crisi del 2008.
    Domincik Salvatore (http://it.wikipedia.org/wiki/Dominick_Salvatore) parlò della vie d’uscite dalla crisi.
    pose molto l’accento sulla necessità di aumentare la produttività più dell’aumento del Pil. ciò per non vedersi annullare l’aumento della ricchezza dall’inflazione. Per Salvatore in italia le imprese non possono licenziare facilmente; c’è una normativa troppo protettiva dei lavoratori che non risponde ad esigenze di flessibilità e di produttività delle imprese.
    allora mi chiedo:
    ho inteso bene il pensiero dell economista? Se fosse così, la salvezza sarebbe il precariato?
    non sarebbe meglio cambiare in toto il sistema in modo che questi possa generare benessere non solo sulla base della quantità di soldi che si possiedono?
    è necessario essere attratti solo dal profitto?

    mi chiedo ancora, il pil non dovrebbe essere sostituito come indicatore sommo del benessere ufficiale di un paese? Perché nel Pil non si contano i costi dei danni ambientali per esempio…? se un azienda fruisce salari, stipendi ecc, contribuisce quindi ad aumentare il pil ma al contempo potrebbe anche emettere scarichi inquinati. Ne consegue un peggioramento del benessere. Perché non si sottrae il valore dei danni di un incidente nucleare provocati all’ambiente al valore dell’energia prodotta?
    in più nel pil non rientrano nemmeno l’attività no profit… e queste non contribuiscono allo sviluppo della persona e quindi al benessere sociale? orbene, come si può dire che con l’aumento del pil, come sento dire spesso in tv, c’è un aumento del benessere solo perché aumentano i flussi monetari? non è meglio creare un nuovo indicatore che ci fornisca una visione a 360° del benessere sociale?
    in più un aumento del pil non ci dice necessariamente che sono aumentati gli occupati.
    infatti c’è stato un aumento del 360% del prodotto nazionale ai prezzi costanti in 29 anni(1960-1999) ma gli occupati in valore assoluto sono aumentati di pochissimo; e se osserviamo l’aumento della popolazione ci accorgiamo che in percentuale sono addirittura diminuiti. Possiamo dire che la crescita non crea occupazione? la Germania è un esempio…?
    il sistema di produzione che si osserva oggi è questo. Dunque, le imprese devono fare i profitti, però non possono produrre oltre un certo quantitativo, quindi abbassano i costi a parità di produzione (salari su tutti). L’abbassamento dei salari genera un consumo minore. E come fanno le aziende ad aumentare il prodotto quando questo non può essere assorbito dai salari? semplice, le famiglie sono spinte verso il credito al consumo. si crea così un aumento della produzione perverso che accentua le disuguaglianze (la ricchezza si sposta verso i profitti) e basto sulla speculazione; in più il benessere non aumenta.
    non sarebbe necessario rivedere questo sistema ?
    mi sono fatto tt queste domande guardando questa puntata di report e credo si interessante portarla all’attenzione.
    http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-0bc3e20e-a22f-4a61-b9aa-c936ae76bd7a.html

    • lawandeconomics ha detto:

      Caro Giulio, grazie per il suo intervento.
      1. La crescita della produttività è sempre un obiettivo condivisibile, perché implica maggiore disponibilità di beni di consumo. Come sia ottenibile questo incremento è una questione aperta, ma ci sono pochi dubbi che nel lungo periodo dipenda dall’accumulazione di capitale che induce una maggiore produttività del lavoro.
      2. I servizi no-profit alle famiglie contribuiscono al benessere e sono conteggiati nel PIL al costo di produzione: non è chiaro se questa procedura distorca verso l’alto o il basso i valori, perché si tratta di transazioni non di mercato. Tenga presente che anche il costo della burocrazia che rallenta lo sviluppo economico viene inclusa nel PIL, ma come elemento positivo!
      3. La Banca Mondiale produce da anni alcuni indicatori sul benessere economico netto che sono liberamente scaricabili dal suo sito.
      4. La diminuzione del numero di occupati non implica di per sé l’aumento della disoccupazione, ma nel lungo periodo segnala una diminuzione dell’offerta di lavoro. Questo è un fenomeno noto e diffuso in tutti i paesi sviluppati.
      5. L’analisi nell’ultimo paragrafo, quella basata su Report, mi sembra difficilmente comprensibile.

    • Carlo Panico ha detto:

      Gentile signor Sorrentino, lei solleva questioni complesse a cui proverò a rispondere sinteticamente (ovviamente pagando pegno in termini di articolazione degli argomenti).
      In primo luogo, gli aumenti di produttività sono positivi. Essi fanno aumentare il reddito prodotto e distribuibile ai diversi gruppi sociali, incrementando quindi il benessere per l’economia (ovviamente ceteris paribus), e fanno aumentare la capacità delle singole economie di competere sui mercati internazionali (anche qui ceteris paribus, ovvero se gli altri paesi non realizzano incrementi di produttività ancora maggiori).
      L’approccio delle elasticità alla bilancia dei pagamenti insiste sul confronto tra i prezzi interni e i prezzi internazionali (quindi dà un grandissimo rilievo alla produttività). Ma, come dirò più avanti, la competizione non è soltanto quella basata sul confronto tra i prezzi.
      In secondo luogo, la produttività aumenta con gli investimenti, ovvero inserendo nel processo produttivo nuovi macchinari e altri elementi innovativi. L’innovazione (e la spesa a essa dovuta) è cruciale.
      Negli anni Sessanta aveva molto seguito una teoria economica nota come “Legge di Vernon – Kaldor” che muoveva dall’osservazione che i paesi con più elevati aumenti della domanda (nazionale o estera) tendevano a generare più alte spese per investimento e più elevati aumenti di produttività. Ancora oggi molti lavori empirici cercano di mostrare che la Legge di Vernon aiuta a interpretare quello che succede nelle economie.

      Molti economisti (ma sopra tutto, molti governi) sostengono invece che per aumentare la competitività internazionale è necessario ridurre i costi del lavoro. Concentrando quasi esclusivamente su questo punto, essi chiedono di aumentare la “flessibilità” del mercato del lavoro. Il precariato è un modo di aumentare questa flessibilità.
      Quello che non convince in questa posizione è la sua incapacità di spiegare lo straordinario successo della Germania nel commercio internazionale.
      Le remunerazioni medie orarie in Germania sono il doppio di quelle della Grecia. In alcuni settori industriali le remunerazioni tedesche sono ancora più elevate rispetto a quelle greche. Eppure la Germania continua a migliorare la sua posizione di competitività internazionale e la Grecia no. Perché? Penso che bisogna approfondire la politica industriale tedesca che ha puntato strategicamente su produzioni che, per la loro alta qualità tecnologica e di contenuto del prodotto, si sottrangono alla concorrenza di prezzo da parte dei paesi emergenti.
      La proporzione tra i salari di un paese come la Germania e quelli di alcuni paesi emergenti o poveri a volte è di 40 a 1. In generale, per i paesi più ricchi le differenze salariali con i paesi meno ricchi sono elevatissime e socialmente irrangiungibili (se non si vuole tornare alle condizioni di vita della metà dell’Ottocento). Non c’è altra via quindi per i paesi più ricchi che sottrarsi alla concorrenza di prezzo puntando sulla qualità dei prodotti. E se si ritiene che il settore privato non è in grado, da solo, di risolvere questo problema, il settore pubblico deve intervenire con politiche qualificate e selettive.
      Dopo la seconda guerra mondiale l’esperienza italiana di politica industriale è stata considerata un esempio da seguire dagli altri paesi. La politica industriale italiana, si riteneva (specie all’estero), era uno dei fattori che aveva maggiormente contribuito, insieme con il buon livello educativo dei nostri diplomati e laureati, a trasformare il paese fino a farlo diventare uno delle principali potenze econmiche e industriali. Purtroppo, dagli anni 80 abbiamo smarrito la bussola. La politica industriale ha perso la sua capacità di formulare strategie e implementarle; la scuola è diventata nel tempo sempre più scadente; l’Università è sotto continui attacchi, nonostante i dati mostrino che la ricerca in Italia (che si svolge sostanzialmente nelle Università pubbliche) sia ancora ai livelli più alti nelle classifiche internazionali.
      Quanto al PIL, molte delle cose che si scrivono e si dicono sembrano confuse. Il PIL è un indicatore aggregato. Esso è come un termometro. Quando un medico si avvicina a un ammalato la cosa immediata che spesso fa è misurargli la febbre. Anche il termometro è un indicatore semplice e immediato da usare. E’ utile come primo indicatore, ma se pensiamo di fare una diagnosi solo con il termometro, aumentiamo il rischio di decesso dei nostri pazienti.
      Con il PIL è la stessa cosa: se pensiamo di usare solo questo indicatore per fare una diagnosi dei mali della nostra economia …
      Migliorare la qualità della vita e dei nostri consumi è importante. Ma non ci dimentichiamo che c’è gente nel mondo che letteralmente “muore di fame”. Di recente ho visto a Napoli qualcosa che non mi era mai capitato di vedere in questa città. Avevo visto cose simili in altri paesi, ma non nel nostro. Sto vedendo sempre più frequentemente persone che frugano nell’immondia. Lo sviluppo, anche quello del PIL, l’equità distributiva e l’educazione sono la via per un maggiore benessere, anche per una migliore qualità ambientale. Quanto un’economia cresce, tutto è più facile, anche ri-distribuire il reddito e migliorare le tecnologie e la protezione dell’ambiente. Nella scarsità invece tutto è più difficile.
      Sono a sua disposizione se vuole continuare questa discussione.
      Cordiali saluti
      Carlo Panico

      PS: Potrei forse inserire nel blog un mio recente saggio di commento del Rapporto commissionato da Sarkozy sul PIL come indicatore di benessere. Cosa ne pensa il nostro blogmaster? Grazie

    • Carlo Panico ha detto:

      Caro sig. Sorrentino,
      il nostro eccellente blogmaster ha rapidamente inserito il saggio sul Rapporto della Commissione nominata dal Presidente Sarkozi nel blog.

  21. Giulio Sorrentino ha detto:

    Grazie per le cortesi risposte…forse nell ultimo punto non mi sono spiegato bene. in questo video dal min. 4.38 c’è tt quello che volevo dire mi farebbe piacere sapere che ne pensa. grz ancora, saluti http://www.youtube.com/watch?v=6PiNde7tc3k

    • lawandeconomics ha detto:

      Ho ascoltato con attenzione tutto il filmato: mi sembra che contenga una discreta dose di equivoci e di ragionamenti fallaci. E’ incomprensibile l’argomentazione di Zygmunt Bauman secondo la quale quella d’oggi sarebbe una società di consumatori, mentre nei bei tempi andati la società era costituita da produttori. Serge LaTouche gioca invece a fare l’eterodosso quando spiega che gli economisti non tengono in conto il ruolo della limitatezza delle risorse naturali nella crescita economica. Di quali economisti parla? Non credo di sé, ma basta sfogliare un qualunque manuale di economia per capire che il problema è ben noto e presente. Il rischio dell'”economia spiegata al popolo” di questo tipo di trasmissioni è produrre confusione e irrobustire stereotipi che, se analizzati con un po’ di calma, si dimostrano completamente infondati.

  22. gianmaria mazzaracchio ha detto:

    un sinistro figuro che si aggirava nel blog, un certo “Amaro d’Utilitarismo, liquore d.o.p.”, l’aveva scritto nell’orrore, ehm, l’errore della finestra rotta.

    il PIL non racconta tutta la storia.

    😀

    la media di Trilussa docet.

    “seconno le statistiche d’adesso
    risurta che te tocca un pollo all’anno:
    e, se nun entra ne le spese tue,
    t’entra ne la statistica lo stesso
    perché c’è un antro che se ne magna due.”

    (la statistica, Trilussa)

    la fredda legge del Pil.

    è la ragione della forza che guida il legislatore e spinge i mercati.

  23. roberta ha detto:

    buona sera
    potrei avere una spiegazione del moltiplicatore???

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      la dinamica del moltiplicatore può essere esposta brevemente così:

      la spesa pubblica (esempio di un aumento della domanda) si traduce in un reddito di pari ammontare, parte del quale sarà risparmiato e parte sarà invece destinato a nuovi consumi; questi ultimi a lora volta produrranno un reddito equivalente che genererà risparmi ed altri consumi. il processo si arresterà quando i risparmi saranno uguali all’investimento iniziale, riportando l’equilibrio nel sistema.

      analiticamente, l’ammontare di reddito prodotto è uguale al risultato della moltiplicazione tra l’iniziale investimento e l’inverso della propensione marginale al risparmio, che Jossa indica con s’.

      il meccanismo del moltiplicatore riposa su di una certezza: i fattori dell’economia non sono pienamente impiegati. la stessa ipotesi non è presente nel modello di Kaldor, il quale parte dall’assunzione molto rigida e quasi irrealistica di una economia di piena occupazione (in cui si assume che l’economia impieghi tutti i fattori della produzione e quindi non ci siano riserve di capacità produttiva inutilizzata, cioè quote di capitale e lavoro rimaste disoccupate e disponibili all’utilizzo nel processo produttivo: quando la domanda sale, il mercato non potrà rispondere con un incremento del livello di attività e quindi aumentando l’offerta, ma solo aggiustando i prezzi verso l’alto).

      nel modello di Kaldor infatti il moltiplicatore keynesiano innesca una spirale di crescita di reddito e consumi non reale, ma solo “monetaria” con effetti distributivi svantaggiosi alla classe lavoratrice: un’illusione monetaria. la seconda ipotesi di Kaldor che determina il ritrasferimento a danno dei lavoratori è il mancato adeguamento delle retribuzioni al nuovo livello dei prezzi. Kaldor riprese l’idea del moltiplicatore di Keynes, riadattandola da teoria del reddito (che si proponeva di confutare la teoria tradizionale neoclassica) a strumento d’analisi.

      spero di aver centrato il bersaglio.

      come d’uso, “onorevolmente” mi spoglio di ogni responsabilità con la clausola “sono uno studente” a piè di intervento.

      • Carlo Panico ha detto:

        Caro signor Mazzaracchio,
        moltissime grazie per la preziosa collaborazione. La sua risposta è buona. Attenzione però a Kaldor che è un autore complesso e non sempre è facile interpretarlo.
        A presto
        Carlo Panico

  24. gianmaria mazzaracchio ha detto:

    grazie, professore.

    incrociare le lame con l’economia è una sfida coraggiosa. se poi è da uno studente di giurisprudenza che nasce questa sfida, il gesto è ancor più temerario. ma io e la mia sana follia giochiamo sull’altalena da anni e più mi spingeva indietro, più in alto sono salito poi. il tempo è un maestro paziente. se i granellini nella mia clessidra non scorreranno troppo in fretta, forse anch’io offrirò un piccolo dono sull’altare di questa scienza nient’affatto triste. in caso di mancata riuscita, invece, sarà stata comunque una bell’avventura 😀 ma è da riconoscere il merito suo e di chi è al suo fianco, per aver gettato un seme nel terreno vivo della mia curiosità.

  25. fabio garofalo ha detto:

    Quali sono le analogie e le differenze tra le curve di domanda e di offerta di un bene o di un fattore produttivo e le curve di offerta aggregata e di domanda aggregata secondo la rinascita neoclassica?

    • Carlo Panico ha detto:

      Non è una domanda facile e si possono incontrare risposte diverse. Proverò a dire qualcosa che non corrisponde a ciò che si trova nel libro di testo. Il fatto certo (che non richiede interpretazioni) è che nel caso di una curva di domanda (o offerta) di un bene (o di un fattore produttivo) troviamo su un asse la quantità del bene (o del fattore) e sull’altro il loro prezzo. Nel caso della curva di domanda o offerta aggregata troviamo sugli assi il PIL e il livello generale dei prezzi. Dal punto di vista interpretativo forse si può dire che le curve di domanda (o offerta) di un bene (o di un fattore produttivo) si ricavano dalle scelte ottimizzanti dei consumatori (e dei produttori) ai diversi prezzi. La curva di domanda aggregata descrive invece le condizioni di equilibrio macroeconomico (ricavate da un modello IS-LM) tra le variabili livello generale dei prezzi e PIL, mentre la curva di offerta aggregata descrive la relazione tra il livello generale dei prezzi e il PIL ponendo al centro dell’analisi le scelte dei produttori.
      Buon lavoro
      Carlo Panico

  26. gianmaria mazzaracchio ha detto:

    entro anch’io, in punta di piedi e a testa bassa.

    nella relazione PIL – livello dei prezzi la causalità si muove dalla prima alla seconda variabile nell’offerta aggregata e in direzione contraria nella domanda aggregata. però in entrambe le ipotesi il processo causale è piuttosto articolato e non si salta dal Pil al livello dei prezzi o viceversa, c’è un continuum logico ed economico da seguire.

    sul confronto tra l’apparato grafico che illustra il comportamento del consumatore e dell’impresa a livello micro e il modello macroeconomico della rinascita neoclassica, la differenza è quantitativa e qualitativa. non più un solo bene, di consumo o d’investimento, ma l’intero mercato delle merci e non solo il mercato delle merci ma l’economia tutta, con i mercati finanziari, il mercato del lavoro e l’intervento statale con la spesa pubblica e la tassazione. si passa da un equilibrio parziale ad uno generale secondo l’idea di Walras.

    “sono uno studente”.

    • Carlo Panico ha detto:

      Caro Gianmaria Mazzaracchio, lei è uno studente bravo e appassionato. Grazie per l’intervento su una questione per niente facile.
      Carlo Panico

  27. fabio garofalo ha detto:

    DOMANDA. Di quanto aumenterà il reddito prodotto se il settore pubblico aumenta la sua spesa per i trasferimenti,in un modello in cui gli investimenti sono una variabile autonoma ed in cui le entrate sono rappresentate solo dalle imposte dirette e le uscite si dividono in acquisti di beni e servizi e in trasferimenti alle famiglie?

  28. gianmaria mazzaracchio ha detto:

    professore, grazie!

    sull’ultima questione. dovrebbe essere sufficiente aggiornare la formula del moltiplicatore al caso in cui lo Stato intervenga nell’economia e, ceteris paribus, il Pil crescerà di un’ammontare pari alla variazione della spesa per trasferimenti moltiplicata per 1/1-c'(1-t).

    quest’anno gira l’influenza del Moltiplicatore. Keynes nuoce gravemente alla salute 😀

    • fabio garofalo ha detto:

      Gianmaria ti ringrazio. Ma analiticamente come va scritto?Cioè:per cosa devo moltiplicare 1/1-c'(1-t)? Per C (autonomo)+I+G-c’TA? Oppure +c’TA?

      • Carlo Panico ha detto:

        Se la variazione dei trasferimenti è dTr, allora la variazione del reddito sarà uguale a c’dTr/s'(1-t)+t = c’dTr/1-c'(1-t).

  29. gianmaria mazzaracchio ha detto:

    l’aumento della spesa in trasferimenti è rappresentato da una variazione di G, la spesa pubblica. per calcolare la crescita del Pil moltiplicherai quindi l’aumento della spesa pubblica, indicata con la variazione di G, per 1/1-c'(1-t).

    la variazione di Y, crescita del Pil, sarà uguale alla variazione di G, aumento della spesa in trasferimenti, su 1-c'(1-t).

    il resto non conta, perché stiamo assumendo che le altre variabili rimangano ferme.

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      già, i trasferimenti non rientrano nella G, che è produzione pubblica di beni e servizi, ma sono un’imposta negativa. chiedo scusa per l’errore, Fabio.

      mi metto in ginocchio sui ceci.

      • fabio garofalo ha detto:

        Vi ringrazio. Nn preoccuparti Gianmaria. Piuttosto i ceci mangiateli,se ti piacciono.Ahahah.

  30. gianmaria mazzaracchio ha detto:

    lavo le mie colpe con una buona intenzione 😀

    che differenza c’è tra un milione investito in un’opera pubblica e un pari ammontare di risorse pubbliche destinato a trasferimenti alle famiglie? non è sempre denaro dello Stato?

    forse (e il forse è doveroso) il primo investimento, che rientra nella definizione di G, per il suo intero ammontare entrerà nel giro moltiplicativo; il secondo milione, invece, prima di passare per il moltiplicatore keynesiano finirà nelle tasche dei cittadini, dalle quali uscirà alleggerito. di quanto? dipende dalla propensione al risparmio. per questo motivo, forse, davanti a dTr è indicata la propensione al consumo: se questa è l’80 per cento, allora solo l’80 per cento di quel milione sarà moltiplicato per 1/1-c'(1-t). insomma, il trasferimento alle famiglie segue la via di un’imposta (non commisurata al reddito e perciò indipendente da esso), ma la ripercorre al contrario: è un’imposta negativa, si dice.

    quo usque tandem abutere, gianmaria, patientia nostra?

    ecco, se sono ricaduto nel peccato, scagliate la prima la seconda e la terza pietra. con il solo accorgimento, ve ne prego, di sbagliare la mira. grazie.

    sono le 5 e 31 minuti. è ora di alzarsi dalla sedia.

  31. fabio garofalo ha detto:

    Professor Panico,una informazione di servizio.Mi pare ke le slides che presenterà domani non ci siano nel blog. Ci sono solo quelle di mercoledì riguardo l’efficienza. Un saluto.

  32. LoredanaManniello ha detto:

    Domanda forse stupida :Perchè per i neoclassici il tasso di interesse misura la scarsità del capitale?Cosa bisogna dire al riguardo?

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      il risparmio è la quota di reddito non destinata al consumo.
      il capitale è l’insieme dei beni che svolgono la funzione di produzione.
      l’investimento è un aumento del capitale esistente.

      per realizzare i progetti d’investimento occorrono risorse finanziarie. queste risorse sono offerte sul mercato del risparmio: è il risparmio, quindi, a finanziare gli investimenti. il risparmo, però, non è gratuito, perché non è piacevole rinunciare al consumo (soprattutto a Natale) 😀 pertanto, chi offre il risparmio proprio* o altrui, come le banche, chiede un prezzo: il tasso d’interesse. ma si domanda risparmio solo quando il tasso d’interesse è inferiore al saggio di rendimento che si ottiene dal progetto d’investimento. secondo la teoria neoclassica dei rendimenti marginali decrescenti, il rendimento di un fattore (ad esempio, il capitale), la sua produttività marginale, diminuisce all’aumentare della quantità impiegata di esso, ferme restando le quantità impiegate degli altri fattori (terra, lavoro). dunque, maggiore è la presenza del capitale in un’economia, più basso è il rendimento atteso nei nuovi investimenti; viceversa, minore è il capitale esistente, più alto è il rendimento che si attende dai nuovi progetti d’investimento.
      poiché in equilibrio saggio di rendimento e tasso d’interesse sono uguali, un alto tasso d’interesse indicherà una situazione di “scarsita” del capitale.

      tuttavia Sraffa dimostrerà che non esiste questa relazione inversa tra capitale e tasso d’interesse.

      * è indifferente che si finanzi un investimento con il proprio risparmio: il costo sarà rappresentato dal tasso d’interesse a cui si rinuncia.

    • Carlo Panico ha detto:

      Questo punto di vista è legato all’idea che il prezzo di un bene riflette la sua scarsità relativa. Trasposto ai fattori produttivi, se aumenta la quantità esistente nell’economia di un fattore produttivo (ad esempio, del lavoro), fermo restando quella degli altri fattori produttivi, il prezzo del lavoro deve diminuire e quello degli altri fattori aumentare. Se i flussi migratori fanno aumentare la forza lavoro, a parità di altre condizioni, il salario deve diminuire e le remunerazioni degli altri fattori aumentare. La descrescenza delle produttività marginale dei fattori nell’analisi della distribuzione del reddito neoclassica rafforza questa visione. L’idea che i saggi dei rendimento dei fattori produttivi riflettono la loro scarsità relativa perde forza se non possiamo considerare decrescente la produttività marginale dei fattori. In questo secondo caso i saggi di remunerazione dei fattori son uguali alla loro produttività marginale, ma queste ultime non possomo più essere considerate come degli indicatori della loro scarsità relativa.

      • LoredanaManniello ha detto:

        La ringrazio nuovamente professore.Non essendo di Napoli non sempre riesco ad essere in dipartimento per cui,a volte,risulta più immediato esprimere un dubbio che mi sorge nell’attimo stesso in cui studio sul blog.Sarò nuovamente in dipartimento dopo le feste.Buon Natale.

  33. ester ha detto:

    ragazzi scs cosa ha spiegato oggi il proff a lezione?grz

  34. fabio garofalo ha detto:

    Era un falso allarme professore. Mi scusi.

    • Carlo Panico ha detto:

      Grazie lo stesso. Queste segnalazioni sono utilissime, specie se il docente, a differenza di quello che succede con me, le legge in tempo.
      Buon lavoro
      Carlo Panico

  35. Carlo Panico ha detto:

    il nostro eccellente blogmaster ha inserito il saggio sul Rapporto della Commissione nominata dal Presidente Sarkozi nel blog.

  36. ester ha detto:

    in che modo il consumo autonomo influenza la propensione marginale al consumo?inoltre quando il consumo è una retta significa che la propensione marginale non varia al variare del reddito xcio la curva diventa una retta xke ha la stessa pendenza in tt i punti e il consumo medio come si individua??grazie della collaborazione

    • lawandeconomics ha detto:

      D. In che modo il consumo autonomo influenza la propensione marginale al consumo?
      R. Nessun modo. Non c’è relazione di sorta.
      D. Quando il consumo è una retta […] il consumo medio come si individua?
      R. Esattamente nello stesso modo in cui si individua nel caso non lineare, cioè tracciando la semiretta uscente dall’origine e passante per il punto nel quale si vuole calcolare la propensione media.

  37. ester ha detto:

    nn riesco a capire xkè x keynes la curva della pmgl nn può eesere considerata uguale a quella di nd come x i neoclassici?grz come sempre

    • Carlo Panico ha detto:

      Per Keynes la curva del prodotto marginale del lavoro si trasforma nella curva di domanda di lavoro. L’affermazione contraria non è di Keynes, è sostenuta da Davidson in un suo articolo. Il vostro libro di testo riporta questa posizione, però molti studiosi, come lei e come me, non riescono a capire perché sia così. Buon lavoro e continui a sollevare dubbi e a porsi molte domande. Così si apprende e noi siamo qui per aiutarvi nella formazione e rassicurarvi quanto avete dubbi.
      Carlo Panico

      • ester ha detto:

        Grazie professore infatti giorno x giorno mi rendo conto che il blog è un ottimo strumento x dubbi e domande buon lavoro a tutti

  38. fabio garofalo ha detto:

    Non mi è chiaro il processo ke porta alla stagflazione. Per favore può chiarirmelo?

    • Carlo Panico ha detto:

      Le analisi critiche dei Monetaristi verso le posizioni keynesiane portarono a concludere che sia la politica monetaria “discrezionale” (propria dell’impostazione keynesiana) che quella fiscale “discrezionale” possono portare inizialmente a risultati positivi, ma con il passare del tempo destabilizzeranno l’economia. La stagflazione è il risultato di un processo che destabilizza l’economia a seguito dell’applicazione di politiche economiche “discrezionali” (o keynesiane). Il processo è attivato dalla formazione di aspettative inflazionistiche che si rafforzano nel tempo (ossia che tendono a generare un tasso di inflazione atteso sempre più alto). Una politica monetaria “discrezionale” stabilizzerà nell’immediato il tasso di interesse (e quindi l’investimento e il tasso di crescita) a costo di fare aumentare in qualche misura l’inflazione. Il fatto che gli operatori sperimentano un’inflazione che lentamente va aumentato produce un tasso di inflazione atteso via via più elevato. Il processo continuerà fino a che la politica monetaria non potrà più cessare l’aumento dell’inflazione e dovrà acquisire un taglio restrittivo che genererà una stagnazione (e un aumento della disoccupazione) in presenza di alti tassi d iinflazione (per l’appunto una “stagflazione”. Analogamente una politica fiscale discrezionale (o Keynesiana) che vorrebbe abbassare il tasso di disoccupazione al di sotto di quello “naturale” genererà un qualche aumento del tasso di inflazione, che inciderà sulle aspettative inflazionistiche. Se il governo persisterà nel suo tentativo di abbassare il tasso d’inflazione al di sotto di quello “naturale”, farà aumentare sempre più il tasso di inflazione (e di conseguenza le aspettative inflazionistiche degli operatori) fino al punto in cui non sarà più possibile trascurare l’inflazione stessa e sarà necessario tornare a una politica fiscale più restrittiva che genererà una stagnazione (e un aumento della disoccupazione) in presenza di alti tassi d iinflazione (per l’appunto una “stagflazione”.

    • lawandeconomics ha detto:

      A me invece non è per nulla chiaro il motivo per cui scrive “ke” al posto di “che”… forse per risparmiare la pressione di un tasto, al costo di deturpare quel che rimane della lingua italiana? 😉

  39. fabio garofalo ha detto:

    La ringrazio professore!!!!

  40. ester ha detto:

    non mi sono molto chiari i meccanismi di trasmissione di keynes e i monetaristi e le idee guide del monetarismo che il libro tratta nei primi paragrafi del capitolo 16.grz

    • Carlo Panico ha detto:

      Il libro di testo propone nel capitolo 16 tre idea guida del monetarismo. La prima si riferisce a quello che può chiamarsi il “meccanismo di trasmissione degli impulsi monetari alla parte reale dell’economia”. La seconda si riferisce al cosiddetto “grado di sostituibilità tra attività finanziarie e attività patrimoniali reali”. La terza esamina il ruolo dell’inflazione nelle analisi relativa alla stabilizzazione del ciclo economico. Le prime due idee trattano problemi che possiamo definire di economia applicata, ossia come funziona concretamente il sistema economico. La terza tra un problema di politica economica.
      Il meccanismo di trasmissione degli impulsi monetari alla parte reale dell’economia descrive come una variazione dell’offerta di moneta incide sul saggio di interesse, come la eventuale variazione di quest’ultimo incide sulle decisioni di investimento dell’intera economia e come quest’ultima variazione incide sul reddito prodotto e distribuito e sul livello di occupazione.
      Il famoso “Rapporto Radcliffe”, elaborato a partire dal 1958 e pubblicato nel 1960, presentava prevalentemente le posizione degli economisti keynesiani, i quali ritenevano che le variazioni dell’offerta di moneta avessero un’influenza debole sul tasso di interesse e che le variazioni del tasso di interesse avessero un’influenza debole sulle decisioni di investimento. Queste posizioni non si fondavano, all’epoca, su ampie analisi empiriche ed econometriche. Tali analisi iniziavano a moltiplicarsi nelle grandi università inglesi e statunitensi proprio in quegli anni grazie al fatto che cominciavano a rendersi disponibili in quelle sedi universitarie centri di calcolo che consentivano ai ricercatori tali elaborazioni. L’effetto debole delle variazioni dell’offerta di moneta sul tasso di interesse dipendeva dall’alta elasticità della domanda di moneta rispetto al saggio di interesse, mentre l’effetto debole delle variazioni del tasso di interesse sulle decisioni di investimento dipendeva dalla bassa elasticità della domanda di investimenti rispetto al tasso di interesse. Il valore di entrambe le elasticità può essere esaminato e valutato con analisi econometriche.
      Per i monetaristi, invece, le variazioni dell’offerta di moneta hanno un effetto forte sul tasso di interesse e le variazioni di quest’ultimo hanno un effetto forte sulle decisioni di investimento, in quanto l’elasticità della domanda di moneta rispetto al tasso di interesse è bassa mentre quella della domanda di investimenti rispetto al tasso di interesse è alta.
      Quanto al “grado di sostituibilita” tra attività finanziarie e reali, i keynesiani ritenevano che le attività finanziarie che fanno parte degli aggregati monetari hanno un alto grado di sostituibilità con le altre attività finanziarie, mentre queste ultime hanno un basso grado di sostituibilità con quelle patrimoniali reali. L’incertezza (intesa come conoscenza parziali delle informazioni rilevanti) e il costo di acquisire informazioni erano gli argomenti usati per dare sostegno a tali credenze, mentre erano carenti, all’epoca (fine anni ’50) analisi econometriche a sostegno. Per i monetaristi, invece, le attività finanziarie che fanno parte degli aggregati monetari hanno un basso grado di sostituibilità con le altre attività finanziarie. La moneta, si diceva, era un “unicum”, intendendo che le attività finanziarie che fanno parte degli aggregati monetari sono principalmente usate come “mezzi di pagamento” e non come strumenti per conservare la ricchezza. Questa funzione di “riserva di valore” è principalmente svolta dalle altre attività finanziarie e dalle attività patrimoniali reali. Il grado di sostituibilità tra questi ultimi due gruppi di attività è pertanto alto.
      Il problema del grado di sostituibilità ha molto in comune con quello del meccanismo di trasmissione. In realtà sono due aspetti dello stesso tema e possono entrambi essere esaminati econometricamente valutando le elasticità della domanda di moneta rispetto al tasso di interesse e della domanda di investimenti rispetto al tasso di interesse.
      La terza idea guida esamina il ruolo dell’inflazione nella politica economica. Le politiche monetarie keynesiane, che dominavano all’epoca, e che erano anche dette di “fine tuning” (regolazione fine) o “discrezionali” (perchè attribuivano alle autorità monetarie il potere di valutare discrezionalmente i problemi esistenti di andamento del ciclo e mettere in atto, sempre discrezionalmente, i correttivi ritenuti necessari, trascuravano il ruolo dell’nflazione. Il modello IS-LM allora usato per esaminare questi problemi assumeva che il livello generale dei prezzi era dato (ossia assenza di inflazione) qualunque cosa avvenisse nell’economia e facessero le autorità moentarie. Friedman, in due articoli sul ciclo economico, pubblicati nel 1970 e nel 1971, mostrò che se si introduceva l’inflazione in un modello IS-LM (sostituendo l’equazione che specificava che il livello generale dei prezzi è dato con un’equazione che specifica che il tasso di interesse monetario è uguale al tasso di interesse reali più il tasso di inflazione atteso), le politiche monetarie discrezionali potevano essere efficaci nel breve e medio termine, ma destabilizzanti per l’intera economia a lungo andare. Durante le lezioni ho provato a presentare un modello IS-LM in cui l’equazione che specifica che il livello generale dei prezzi è dato veniva sostituita da un’equazione che specifica che il tasso di interesse monetario è uguale al tasso di interesse reali più il tasso di inflazione atteso e ho provato a mostrare come, in un tale modello dinamico, potesse emergere il risultato che a lungo andare l’economia si destabilizzava.

  41. michele ha detto:

    Salve ragazzi , qualcuno potrebbe verificare la correttezza di queste equazioni inerenti il moltiplicatore dei depositi:
    BM=BMp+BMb
    la base monetaria è costituita da quella detenuta dalle banche e quella detenuta del pubblico
    BMp=g D
    BMb=b D
    ove g e b rappresentano la percentuale dei depositi
    per sostituzione si ha
    BM=g D + b D
    mettendo in evidenza la D
    (g+b)D=D=1/g+b BM
    ove 1/g+b è il moltiplicatore dei depositi

    • Carlo Panico ha detto:

      I passaggi sono corretti, ma attenzione all’uso delle parentesi (che non risulta chiaro nel testo scritto con il software disponibile).

  42. Vittorio ha detto:

    scusate,quale è il grafico del libro di jossa quarta edizione ampliata che rappresenta il caso in cui la politica monetaria è più efficace della politica fiscale inerente alle curve IS-LM?Grazie a tutti

  43. ester ha detto:

    dal libro nn mi è molto chiaro l’efficacia della politica monetaria e fiscale con il sistema is-lm.Vorrei sapere se in dipartimento tra domani e venerdi trovo qualcuno grz

    • Carlo Panico ha detto:

      Descrivere un grafico senza vederlo è difficile. Se viene di persona è più facile. In alternativa (e come prima approssimazione a una soluzione più ampia e completa), provi a accoppiare una IS decrescente prima con una LM orizzontale e poi con una verticale. Osserverà che, nel primo caso, una politica fiscale espansiva farà aumentare il livello del reddito prodotto e distribuito, mentre, nel secondo caso, la politica fiscale espansiva risulterà totalmente inefficace.

  44. michele ha detto:

    scusate ragazzi, un altro dubbio: è giusto affermare che per i keynesiani attivita finanziarie e altre attività finanziarie sono facilmente sostituibili mentre per i monetaristi altre attivitaà finanziarie e attivita patrimoniali reali sono facilmente sostituibili?

    • ► Valerio Filoso ha detto:

      E’ giusto affermare che, mentre per i keynesiani la moneta presenta un’alta sostituibilità con le attività finanziarie (obbligazioni, in particolare) e una bassa sostituibilità con le attività reali, per i monetaristi la moneta è sostituibile con tutte le altre attività, finanziarie e reali. Inoltre, sempre per i monetaristi, quanto maggiore è la quota di ricchezza non umana sul totale, ovvero quanto più elevato è il grado di liquidità della ricchezza detenuta, tanto minore è la domanda di moneta.

    • Carlo Panico ha detto:

      La rimando alla risposta data alla sua collega Ester quattro commenti sopra.

  45. fabio garofalo ha detto:

    Quali sono le forme di disoccupazione compatibili con l’idea di piena occupazione? La frizionale,la strutturale e la volontaria?

    • ► Valerio Filoso ha detto:

      Se intende la piena occupazione di coloro i quali sono disposti al salario corrente, allora la risposta è corretta. Si potrebbe aggiungere che la disoccupazione strutturale deriva da un’eterogeneità qualitativa tra la domanda e l’offerta di lavoro che si presenta come relativamente persistente: tuttavia, gli aggiustamenti dei salari e i flussi di lavoratori tra settori produttivi dovrebbero tendere a cancellarla nel lungo periodo. Quella volontaria, strettamente parlando, non può neanche essere considerata una vera e propria forma di disoccupazione, mentre quella frizionale è un fenomeno temporaneo che deriva dai costi di ricerca di una nuova occupazione: in questa prospettiva, la distinzione tra disoccupazione strutturale e quella frizionale diventa alquanto sfumata, perché riguarderebbe solo il diverso grado di difficoltà di incontro tra domanda e offerta di servizi lavorativi.

  46. annarita ha detto:

    gentile professore,nn mi è molto chiara la relazione che c’è tra la curva del costo unitario medio e la curva del costo marginale?grazie anticipatamente

    • ► Valerio Filoso ha detto:

      Si tratta di una relazione che è comune a qualsiasi grandezza media e marginale: nel caso del costo medio (Cm), quando il suo valore è superiore al costo marginale (C’), allora il contributo dell’ultima unità prodotta induce una diminuzione del costo medio; viceversa, quando C’>Cm, il contributo dell’ultima unità prodotta induce un incremento del costo medio. Ipotizzando che il costo medio sia inizialmente decrescente e poi crescente, allora dovrà esistere un punto in cui C’=Cm, nel quale il costo medio raggiunge il suo valore minimo. Lo stesso discorso lo può applicare al ricavo medio e a quello marginale, al prodotto medio e a quello marginale, ma anche alla media dei voti universitari e al voto marginale, quello cioè ricevuto all’ultimo esame appena fatto. N.B.: l’eventuale decrescenza del costo marginale non è rilevante in questo contesto.

  47. fabio garofalo ha detto:

    Qual è il ruolo del mercato del lavoro nella visione neoclassica ed in quella keynesiana? é giusto dire ke nella versione neoclassica esso svolge un ruolo attivo nella determinazione dell’occupazione e in quella keynesiana invece svolge un ruolo passivo perchè N dipende dalla domanda dei beni?La ringrazio anticipatamente.

  48. Vittorio ha detto:

    mi scusi professore qualè è il grafico del libro di jossa della quarta edizione ampliata che spiega il caso in cui la politica monetaria è più efficace della fiscale utilizzando le curve IS-LM?La ringrazio anticipatamente

  49. Salvatore Pepe ha detto:

    Salve professore,
    scrivo perchè desidererei avere due informazioni, per così dire, “tecniche”. La prima è legata la libro di testo: in sostanza, mi pare di aver notato (anche sulla base di sue allusioni durante il corso) che il capitolo 14 sia una sorta di introduzione generale a quanto sarà sviluppato nei capitoli XVI e, soprattutto, XXI… Le chiedo, quindi, se la mia conclusione è corretta, volendo evitare incomprensioni del quadro generale della materia. IN secondo luogo, gradirei delle informazioni in merito all’appello: desiderando sostenere l’esame a gennaio e fare lo scritto (che, se non ho capito male, è il 20, ossia il primo giorno di esami), vorrei capire quando si svolgerebbe poi la parte finale (orale). La ringrazio per la disponibilità.
    Auguri a tutti di buone feste fatte!! 🙂

    Salvatore

    • ► Valerio Filoso ha detto:

      Caro Salvatore, come sempre, la parte finale dell’esame avviene il giorno stesso, a qualche ora dalla fine della prova scritta.

    • Carlo Panico ha detto:

      Faccia attenzione! E’ possibile trovare un senso a quello che lei sostiene (che il capitolo 14 è una sorta di introduzione a quello che sta nel cap. 16 e nel cap. 21). In realtà il monetarismo si è sviluppato in forma indipendente da quello che il testo di testo chiama la “rinascita neoclassica” (cap. 14) e dalla “nuova macroeconommia neoclassica” (cap. 21). I nuovi macroeconiomisti neoclassici criticano sia i keynesiano che i monetaristi per il modo in cui elaborano le loro analisi, ossia per il fatto di non presentare sempre un fondamento microeconomico per le loro analisi macroeconomiche.

      • Salvatore ha detto:

        Grazie per la disponibilità!! Comunque, il mio dubbio era ispirato principalmente dal fatto che il libro è come se spezzasse l’analisi della macroeconomia neoclassica nei due capitoli 14 e 21, perchè inizia con l’introdurre – nel 14 – le curve di offerta e domanda aggregate e poi completa l’analisi nel 21 (mentre a lezione abbiamo introdotto e usato le curve parlando della nuova macroeconomia neoclassica – cosa del resto che ha reso logico lo sviluppo dell’argomento, mentre sul libro questa disposizione aveva, appunto, ingenerato un pò di smarrimento). Per il monetarismo e la sua “autonomia” da quella che il libro definisce la “rinascita neoclassica”, nonchè dalla necessità, avvertita dai nuovi macroeconomisti neoclassici, di microfondare la macroeconomia, (fortunatamente!) il quadro mi era chiaro – avendo lei , durante il corso, adeguatamente sottolineato queste peculiarità!
        Ringrazio nuovamente per la disponibilità! 🙂

  50. vittorio ha detto:

    scusate tutti ho un dubbio….mi sono “perso” tra i grafici dove si trova sul libro di jossa quarta edizione ampliata l’uso che avevano fatto i keynesiani della curva di Philips in politica economica ….e la critica dei monetaristi???’Grazie mille

  51. michele ha detto:

    scusate dott.Filoso è corretto affermare che Lipsey concilio la curva di Phillips con quelle della domanda e dell’offerta di lavoro neoclassiche dimostrando che le forze del mercato ristabiliscono l’equilibrio quando si versa insituazioni in cui la domanda eccede l’offerta e viceversa? grazie

    • Valerio Filoso ha detto:

      Traggo dal sito della Prof. Fubini il seguente brano che è particolarmente chiaro:
      La relazione fra tasso di disoccupazione e tasso di variazione dei salari monetari viene fatto
      derivare dall’applicazione al mercato del lavoro della teoria del funzionamento dei mercati, secondo
      cui:
      – il prezzo di un bene aumenta se vi è eccesso di domanda nel corrispondente mercato e diminuisce se vi è eccesso di offerta.
      – Il tasso di variazione del prezzo di un bene è funzione crescente dell’entità dello squilibrio fra domanda e offerta nel corrispondente mercato.
      Nella concezione di Phillips, il tasso di disoccupazione è la variabile indipendente, mentre il
      tasso di variazione dei salari monetari, che sono il prezzo dei servizi forniti dal lavoro, è la variabile
      dipendente. Se dunque il mercato del lavoro funziona come gli altri mercati, quanto più basso è il tasso di disoccupazione, tanto maggiore sarà la concorrenza fra i datori di lavoro per accaparrarsi i lavoratori disponibili, e tanto maggiore sarà la spinta verso l’alto dei salari monetari. Quando il tasso di disoccupazione appare particolarmente basso, la spinta verso la crescita dei salari monetari si fa via via più consistente, per effetto della concorrenza fra le imprese e anche a causa del maggior potere contrattuale dei sindacati tipico delle fasi di bassi tassi di disoccupazione. Dunque la curva di Phillips tende a diventare sempre più verticale man mano che il tasso di disoccupazione diminuisce. Viceversa ad un eccesso di offerta di lavoro deve corrispondere una diminuzione del tasso di crescita dei salari monetari, a causa della concorrenza fra lavoratori. Dunque, man mano che la disoccupazione aumenta la crescita dei salari monetari si fa via via minore Se poi il tasso di disoccupazione continua a crescere, a un determinato livello i salari monetari cominceranno a ridursi, ma tale diminuzione sarà via via più contenuta, data la resistenza dei lavoratori a riduzioni del salario monetario, anche in presenza di tassi di disoccupazione molto elevati. La curva di Phillips, dunque, si appiattisce sempre di più man mano che aumenta il tasso di disoccupazione. Il punto in cui la curva di Phillips taglia l’asse delle ascisse è il punto in cui il tasso di variazione dei salari monetari è nullo e dovrebbe perciò indicare una situazione di equilibrio sul mercato del lavoro, una situazione cioè in cui la domanda di lavoro uguaglia l’offerta di lavoro. In tale punto tuttavia il tasso di disoccupazione non risulta nullo: nei dati rilevati da Phillips ha un valore che si colloca intorno al 5,5%. Tale fenomeno trova una spiegazione nella lentezza dei processi di aggiustamento sul mercato del lavoro per cui in ogni momento vi sono contemporaneamente lavoratori in cerca di occupazione e posti di lavoro vacanti. Una seconda spiegazione si fonda sul fatto che non c’è un unico mercato del lavoro, ma esiste una pluralità di sottomercati. In ciascun sottomercato la mobilità del lavoro è relativamente elevata, mentre è relativamente bassa fra i diversi sottomercati.

  52. ester ha detto:

    vediamo se ho cpt bene allora:
    Per i neoclassici md e ms sono determinati da p per la teoria quantitativa della moneta;
    x Kenesiani md e ms sono determinati da r
    x i monetaristi nn riesco a capire md e ms come si determinano? forse xke nn riesco a capire la riabilitazione della teoria quantitativa della moneta grz

    • Carlo Panico ha detto:

      Gentile signorina Ester,
      le scrivo innanzitutto che ho risposto ad altre sue domande dei giorni precedenti. Se va a controllare sopra, troverà le risposte.
      La domanda che ora sta ponendo è piena di “trappole”.
      Vediamo di evitarle provando a chiarire i problemi che pone.
      Per coloro che accettano la teoria quantitativa della moneta, il livello dei prezzi dipende (a parità di molte altre condizioni) dalla quantità di moneta in circolazione. Eviti di collegare strettamente i neoclassici e coloro che fanno uso della teoria quantitativa della moneta; i due insiemi di persone non sono coincidenti. Inoltre, md e ms non sono determinati da p. md e p sono entrambe incognite in un modello che rappresenta la teoria quantitativa della moneta secondo la versione di Irving Fisher o seconda la versione della scuola di Cambridge. ms è un’incognita in queste versioni, ma risulta essere una variabile indipendente controllata dalle autorità monetarie. In altre versioni esistenti in letteratura della teoria quantitativa della moneta (si veda quella rinvenibile negli scritti di Davide Ricardo tra il 1810 e il 1826, oppure quella rinvenibile nel modello chiamato del “nuovo consenso in macroeconomia” elaborato dalla “nuova macroeconomia Keynesiana” e usato oggi – così dicono molti – dalle banche centrali di molti paesi) anche ms è una variabile dipendente.
      Eviti anche di fare riferimento a cosa sostengono i keynesiani in opposizione ai neoclassici su questo tema. Qui le “trappole” sono pericolosissime!
      Provi invece a esaminare che ipotesi fa il modello IS-LM sul comportamento di ms e md. Se ricorda, ms è determinata dalle decisioni delle autorità monetarie, esattamente come nelle versioni di Fisher e della scuola di Cambridge della teoria quantitativa della moneta. md varia invece nella stessa direzione del reddito prodotto e distribuito (movente transattivo) e in direzione opposta al tasso di interesse (movente speculativo). La specificazione analitica del movente speculativo fece ritenere, fino agli anni ’50, che il modello IS-LM fosse analiticamente più avanzato e accurato di quelli che proponevano le versioni di Fisher e della scuola di Cambridge della teoria quantitativa. Friedman e i monetaristi, come sostiene il libro di testo nel paragrafo del capitolo 16 intitolato “la riabilitazione della teoria quantitativa della moneta”, si incaricarono di mostrare le carenze di questa interpretazione.
      Inoltre, nel modello IS-LM le equazioni che si riferiscono al mercato della moneta (quelle relative alla LM) non riescono da sole a individuare il livello di equilibrio del saggio di interesse. Per individuare i livelli di equilibrio del tasso di interesse e del livello del reddito, dobbiamo aggiungere le equazioni della IS).
      Ricapitolando:
      Sia i modelli che presentano le versioni di Fisher e della scuola di Cambridge che il modello IS-LM che il modello che presenta la riabilitazione della teoria quantitativa da parte dei monetaristi assumono che ms è una variabile indipendente controllata dalla autorità monetarie.
      Nei modelli che presentano le versioni di Fisher e della scuola di Cambridge la domanda di moneta non contiene l’analisi del movente speculativo. Nel modello IS-LM tale analisi è presente, come lo nel modello dei monetaristi che riabilità la teoria quantitativa della moneta.
      Nei modelli che presentano le versioni di Fisher e della scuola di Cambridge e in quello dei monetaristi che riabilità la teoria quantitativa della moneta, si assume che il livello del reddito è dato, in quanto è determinato dal modello di equilibrio economico generale che esamina la parte reale dell’economia.
      Nel modello IS-LM, invece, il livello del reddito prodotto è distribuito è un’incognita che viene determinata simultaneamente al tasso di interesse.
      Se ci sono ulteriori problemi, venga al ricevimento.

  53. Vittorio ha detto:

    Mi scusi dott.Filoso mi può dire per cortesia quale era l’uso dei Keynesiani riguardo la curva di Philips in politica economica e la critica dei monetaristi a riguardo? La ringrazio anticipatamente.

    • Carlo Panico ha detto:

      Molto brevemente, ritenendo che forse il dott. Filoso possa aggiungere qualcos’altro come ha fatto in commenti precedenti sullo stesso tema, i keynesiani ritennero che la curva di Phillips potesse essere usata per decidere quale coppia di valori del tasso di disoccupazione e del tasso di inflazione dovesse essere perseguita dalla politica fiscale. La possibilità di una tale scelta era legata all’assunzione che la curva di Phillips fosse stabile nel tempo.
      I monetaristi si incaricarono di mostrare che l’assunzione di stabilità non regge allorchè gli effetti “non desiderati” dell’inflazione sono presi in considerazione. Valori diversi da zero del tasso di inflazione atteso spingono gli operatori a firmare contratti collettivi di lavoro che associano aumenti salari differenti da quelli dalla curva di Phillips allo stesso tasso di disoccupazione. E’ un errore, sostennero i monetaristi, che i lavoratori non si rendano conto dell’esistenza di inflazione e non chiedano ai loro sindacati di intreprendere azioni che difendano i loro redditi dalle conseguenze negative dell’inflazione.

  54. Vittorio ha detto:

    La ringrazio molto professore.
    Vittorio

  55. ester ha detto:

    vediamo se ho cpt
    in concorrenza perfetta ò’equilibrio è RM=CM ma il prezzo è dato
    Monopolio RM=CM ma il prezzo è stabilito dal monopolista
    dunque la differenza e che il monopolista deve scegliere il prezzo e la quantità in basa alla domanda del mercato.

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      in un mercato perfettamente concorrenziale il prezzo è dato, è cioè indipendente dalle scelte dei singoli operatori economici: ci sono tanti compratori e tanti venditori che non occupano una posizione dominante sul mercato e l’attività di consumo o di produzione del singolo operatore non influenza il prezzo. l’impresa stabilirà il livello di output che eguaglia il costo marginale di produzione, il costo dell’ultima unità prodotta, al prezzo di vendita della merce, fissato dal mercato, raggiungendo così il target del massimo profitto. per l’impresa concorrenziale il prezzo è uguale al ricavo marginale.

      nel monopolio l’unica impresa, che guida il mercato, offre la merce al prezzo che massimizza il suo profitto, tenendo conto solo della sua tecnologia e delle preferenze dei consumatori espresse dalle curve dei costi e ricavi. il monopolista, dominus del mercato, sceglierà la quantità da produrre in base al ricavo marginale e fermerà la produzione quando ricavo marginale e costo marginale sono in equilibrio. per il monopolista il ricavo marginale dipende dalla quantità prodotta ed è inferiore al prezzo.

      “sono uno studente”.

  56. fabio garofalo ha detto:

    QUANDO CI SI CHIEDE DI RAPPRESENTARE LE EQUAZIONI DELL’INTERA ECONOMIA SECONDO I KEYNESIANI DELLA SINTESI,DOBBIAMO SCRIVERE LE EQUAZIONI DEL MERCATO DEI BENI,DEL MERCATO DELLA MONETA E DEL MERCATO DEL LAVORO?LA RINGRAZIO ANTICIPATAMENTE!

  57. Michela ha detto:

    Salve a tutti,volevo chiedere se qualcuno di voi può spiegarmi le principali differenze tra la scuola di pensiero di Keynes e quella dei neoclassici.

    • Carlo Panico ha detto:

      Gentile signorina Michela,
      durante il corso ho più volte fatto riferimento al fatto che conviene confrontare i modelli (e quindi le loro equazioni di comportamento) piuttosto che le scuole di pensiero in generale. A maggiore chiarimento di quanto appena detto la rimando alla risposta che ho dato a una domanda della sua collega Ester del 7 gennaio 2011.

  58. Michela ha detto:

    Avrei ancora una domanda da fare,riguarda la teoria dell’acceleratore della teoria Keynesiana,vi ringrazio in anticipo!

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      spingo sull’acceleratore. lascio ai posteri il caso Keynes contro Neoclassici 😀

      quando la domanda di mercato, di un bene di consumo o d’investimento, sale, il mondo imprenditoriale reagisce incrementando l’attività produttiva. ma per più alti livelli di produzione si richiedono nuove assunzioni di lavoro e l’impiego di nuovo capitale, cioè investimenti. se poniamo che l’investimento sia un multiplo costante dell’aumento di produzione, I = v dY, dove v è il coefficiente di accelerazione, e che il rapporto tra capitale e prodotto sia più alto dell’unità, ad esempio 3 a 1, una nuova domanda pari a 10 porterà ad un aumento degli investimenti pari a 30.

      la teoria dell’acceleratore mette in relazione investimento e reddito: la prima variabile dipende dalla seconda. tuttavia il modello si espone a forti critiche, per l’improbabile risultato che si ha dall’uso combinato di acceleratore e moltiplicatore e per altri motivi.

      (sono uno studente)

      • Valerio Filoso ha detto:

        Sì, uno studente bravo, però!

      • Carlo Panico ha detto:

        Sono d’accordo con il blogmaster. Aggiungo solo di fare attenzione perché la teoria è pensata principalmente per tenere conto delle accelerazioni dell’investimento rispetto a un valore normale. Così ad esempio si incontra nel famoso lavoro di Harrod sulla dinamica e la crescita economica del 1939. In questo articolo di Harrod, se la variazione del reddito è pari a zero, le decisioni di investimento non sono pari a zero, ma pari ad un valore positivo che può essere considerato come “medio” o “normale” (nell’articolo di Harrod è pari al valore corrispondente al saggio di crescita “garantito”). Queste annotazioni aggiuntive vanno però al di là del contenuto del libro di testo.

  59. Michela ha detto:

    La ringrazio professore,e Gianmaria sei stato chiarissimo,grazie anche a te!
    Michela

  60. fabio garofalo ha detto:

    Quando ci si chiede di rappresentare la propensione media e marginale al consumo su di un grafico rappresentante la funzione al consumo,la funzione deve essere lineare o non lineare?

  61. fabio garofalo ha detto:

    Perdonate un’altra domanda: in che modo il monopolista decide quanto produrre e a che prezzo vendere?

  62. michele ha detto:

    scusate ragazzi a me è chiara la modalità di costruzione della domanda aggregata e ho capito che ogni movimento della is e lm si riproducono anche sulla dd, ma graficamente non riesco a disegnare tale trasposizione.Infatti quando aumentano i prezzi e la lm si sposta i movimenti nn risulteranno lungo la dd?

  63. fabio garofalo ha detto:

    é giusto rispondere che il monopolista stabilisce il prezzo e la quantità sulla base della condizione di massimizzazione del profitto Rm=Cm?

    • Carlo Panico ha detto:

      Stabilisce la quantità da produrre in base alla condizione Rm=Cm. Il prezzo viene fissato in base alla curva di domanda (o del ricavo unitario)

  64. Vittorio ha detto:

    Scusate,ma ai fini dell’esame bisogna sapere le equazioni riassuntive come quelle ad esempio dell’ultimo paragrafo del capitolo 10 e sempre dell’ultimo paragrafo del capitolo 12?Grazie.

  65. alessia ha detto:

    Che effetto ha la propensione al risparmio sulla curva di domanda aggregata all’epoca neoclassica ( piu’ grafico) …chi sa rispondermi?? il mio vero problema è il grafico non riesco a capirci niente ;(

    • Carlo Panico ha detto:

      Gentile signorina, per cominciare a comprendere l’argomento devo usare un linguaggio preciso. Quello che usa nella domanda è pieno di imprecisioni. Se non formula correttamente la domanda, come può giungere alla risposta?
      Lei si sta chiedendo quali sono gli effetti “di una variazione” della propensione al risparmio sulla curva di domanda aggregata, quest’ultima curva intesa secondo la rinascita neoclassica (e non all’epoca neoclassica).
      Per rispondere, dopo avere formulato la domanda in termini precisi, deve ricordare che la curva di domanda aggregata secondo la rinascita neoclassica si ricava dalle curve IS-LM, verificando come cambiano i valori di equilibrio del liveoo del reddito prodotto e distribuito al variare del livello generale dei prezzi. Sa come cambiano questi valori di equilibrio quando cambia il livello generale dei prezzi? Se non lo sa, non può rispondere alla domanda che sta ponendo. Sa poi che effetti hanno le variazioni del livello generale dei prezzi sulle curve IS e LM? Sa come una variazione della propensione al risparmio incide sulle posizioni delle curve IS e LM sul grafico? Se non sa rispondere a queste domande non può rispondere a quella che lei pone. Buon lavoro

  66. Francesco ha detto:

    Salve a tutti, qualcuno potrebbe rendermi un pò più chiaro il “real balance effect” o, tradotto, l’ <>? Per quanto il concetto generale credo di averlo afferrato mi sono perso nei vari passaggi che ci sono sul libro. Grazie a tutti!

    • Carlo Panico ha detto:

      Mi permetta inninzitutto di ricordarle che il capitolo 15 non fa parte del programma d’esame. In ogni caso, se vuole saperne di più dovrebbe specificare quali (dei vari passaggi) non le sono chiari.

      • Francesco ha detto:

        Ah, ho consultato male il programma allora… Comunque, visto che l’ho leggiucchiato, con calma, più tardi, cercherò di far meglio presenti i miei dubbi. Grazie

  67. Francesco ha detto:

    Chi sa perchè non è venuto quello scritto tra , comunque è chiaro che intendevo l’effetto giacenze monetarie 😀

  68. Rossella ha detto:

    Scusi,professore,sarebbe possibile sapere se,in caso di bocciatura a gennaio,potrò ripetere l’esame a febbraio?

  69. Vittorio ha detto:

    Mi scusi professore,sto analizzando la curva della domanda aggregata. Non riesco a capire perchè in caso di aumento dell’offerta di moneta questa si traspone a destra. Sul libro dice chiaramente che,siccome la curva DD riproduce i movimenti della Is e la Lm,siccome la LM in caso di aumento dell’offerta di moneta si traspone a destra ,anche la DD si comporta allo stesso modo. Ma non riesco a capire in realtà a livello logico il perchè di questa trasposizione.Mi riferisco in particolar modo al grafico rappresentato nell’ultimo paragrafo del capitolo 14.La ringrazio Professore.
    Vittorio

    • Carlo Panico ha detto:

      Un aumento dell’offerta di moneta traspone la LM verso destra quando il livello generale dei prezzi non cambia. Di conseguenza, con lo stesso livello generale dei prezzi lei troverà un nuovo (e più elevato) livello di equilibrio del reddito prodotto e distribuito. Questa nuova coppia di valori del livello generale dei prezzi e del reddito prodotto e distribuito fa parte della nuova curva di domanda aggregata, che si troverà quindi spostata verso destra.
      Le serve quanto le ho appena descritto?

  70. federica ha detto:

    L’esame di economia politica si compone di una parte scritta e orale?? se si, è possibile sostenere la prova solo oralmente?

    grazie

  71. Vittorio ha detto:

    Si professore una parte del mio dubbio è chiarita…ma, se la LM non si sposta a destra quando l’offerta di moneta aumenta nella stessa percentuale del livello dei prezzi,(perchè la domanda di moneta aumenta nella stessa percentuale),come mai però in qusto caso la curva DD si sposta lo stesso a destra nonostante la LM non si muova? Grazie professore.
    Vittorio

    • carlo Panico ha detto:

      Se, oltre ad aumentare l’offerta di moneta, aumenta anche il livello generale dei prezzi in modo tale che la LM non si muove, il livello di equilibrio di X resta immutato e si troverá con una nuova coppia di valori (P, X) dove P é piú elevato di prima. Questo non significa che la curva DD (di domanda aggregata) si é spostata verso l’alto?
      Ci pensi e, se vuole, risponda.

    • Gioco a Somma Zero: 1 e nessuno o 100.00 nessuno? ha detto:

      per la serie Notte Gialla (gialla come la mia febbre), il mystery-thriller “Eppur si muove” (la AD, non la Terra 😀 ).

      ultima scena.

      …il Generale Livello dei Prezzi, alzandosi, richiamò indietro la Curva della Preferenza per la Liquidità e il signor X tornò al suo posto. la Curva di Domanda Aggregata, invece, si alzò e fece un passo avanti. la Curva di Domanda Aggregata era serva di due padroni: della famiglia Iessellemme e del Generale Livello dei Prezzi. la Curva di Domanda Aggregata aveva fatto il doppio gioco.

      fine

      (c’è un’ombra di verità economica dietro questa finzione scenica 😉 )

      • Gioco a Somma Zero: 1 e nessuno o 100.000 nessuno? ha detto:

        uno zero in più, 100.000

        (altrimenti Pirandello ci resta male)

  72. Giulio Sorrentino ha detto:

    gentile prof… mi sto arrovellando su una cosa che sembra una sciocchezza… magari lo è o forse no.

    Parlado della domanda di moneta secondo keynes, sul libro si dice che una trasposizione verso destra della curva della preferenza della liquidità si può avere quando aumenta il reddito, perché più alto il reddito, tanto è maggiore la domanda di moneta per fini transattivi e tanto maggiore sarà la domanda di moneta che si vorrà tenere per fini speculativi e precauzionali; e viceversa.
    Questo, secondo me, significa che posto fissa l’offerta di moneta se Md si traspone verso sinistra allora il livello d’equilibrio del tasso d’interesse deve essere più alto. E fin qui… tutto ok.

    quando si parla invece di sintesi neoclassica, riferendosi alla curva LM, si dice che se aumenta il livello del reddito, aumenta la domanda di moneta per fini transattivi (perchè la domanda di moneta è funzione diretta del reddito) ed occorrerà un tasso d’interesse maggiore di equilibrio per far diminuire al domanda di moneta per fini speculativi (perchè la domanda di moneta è funzione inversa del tasso d’interesse) per compensare lo squilibrio perche Mo è data.

    ora io mi trovo sul fatto che se aumenta il reddito aumenta il tasso d’interesse d’equilibrio del mercato della moneta. Però non mi spiego perchè quando si parla della formulazione della domanda di moneta per keynes si dice che se aumenta il reddito, aumenta la domanda di moneta per fini transattivi ma anche PER FINI SPECULATIVI; mentre la sintesi neoclassica riprende le idee di keynes ma dice che se aumenta il reddito, aumenta la domanda di moneta per fini transattivi ma DIMINIUISCE la domanda si moneta per fini speculativi perché è per restare in equilibrio si deve aumentare il tasso.
    forse il libro vuol dire che anche per keynes (non solo per la sintesi) se aumenta il reddito INIZIALMENTE aumenta la domanda di moneta per tutti i fini ma per stare in equilibrio c’è bisogno che quella per fini transattivi diminuisca perché Mo è data? Solo così mi spiego il tutto. E quindi il è libro poco chiaro….

    le argomentazioni possono sembrare in parte contraddittorie…. Perché prima il libro die se aumenta il reddito aumeta la domanda di moneta per tutti i fini…. E qui si ferma senza andare oltre. Poi nel capitolo della sintesi neo. precisa che se aumenta il reddito una componente della domanda aumenta l’altra diminuisce perché l’equilibrio porta a far aumentare il tasso.
    Sembra un cavillo inutile però, purtoppo, non riesco a rimanere in sospeso anche il minimo dubbio…
    sicuro della vostra disponibilità vi ringrazio in anticipo.

    • Carlo Panico ha detto:

      Caro sig. Sorrentino,
      non sta parlando di una questione minore o di un cavillo. Una cosa è affrontare il problema di cosa influenza il comportamento della domanda di moneta, un’altra cosa è esaminare un modello di equilibrio del mercato della moneta (ossia le equazioni che generano quella della LM).
      Quando analizziamo il comportamento della domanda di moneta distinguiamo il movente transattivo da quelli precauzionale e speculativo. La domanda di moneta a fini transattivi aumenta quando aumenta il livello del reddito. La domanda di moneta a fini speculativi diminuisce quando aumenta il tasso di interesse. Se, a parità di altre condizioni, nell’economia aumenta il livello del reddito, la domanda complessiva di moneta aumenta perchè aumenta la domanda a fini transattivi mentre quella a fini speculativi resta costante (avendo assunto che le altre condizioni restano immutate, ovvero che il tasso di interesse resta costante).
      Quando esaminiano le equazioni della LM, ovvero un modello che analizza le condizioni di equilibrio del mercato della moneta (e di cui l’equazione che si riferisce al comportamento della domanda di moneta è solo una parte), possiamo proporre un ragionamento in cui verifichiamo che succede al tasso di interesse se il livello del reddito aumenta. Se assumiamo che l’offerta di moneta resta costante, allora un aumento del reddito fa aumentare la domnda di moneta a fini transattivi e, affinché ci sia equilibrio sul mercato della moneta (ovvero affinchè valga ancora la condizione domanda di moneta uguale alla offerta di moneta – che per ipotesi è rimasta costante), la domanda di moneta a fini speculativi deve necessariamente diminuire.
      Si fermi qui e cerchi di comprendere gli argomenti concentrandosi in primo luogo sul contenuto (e sul significato economico) delle equazioni e dei modelli.
      Aggiungo solo che l’affermazione da lei riportata dal libro (e qui di seguito riscritta) non appare contraddittoria alla luce di quanto scrivo sopra.
      “Perché prima il libro die se aumenta il reddito aumeta la domanda di moneta per tutti i fini…. E qui si ferma senza andare oltre. Poi nel capitolo della sintesi neo. precisa che se aumenta il reddito una componente della domanda aumenta l’altra diminuisce perché l’equilibrio porta a far aumentare il tasso.”

      • Giulio Sorrentino ha detto:

        Ho capito…. grazne infinite prof! 🙂 mi è servito. mi era sfuggito il fatto che consideriamo “a parità di altre condizioni”

  73. Vittorio ha detto:

    Mi scusi professore però quello che non riesco a capire è proprio il perchè la DD si muova seppur il reddito è rimasto invariato a causa del non spostamento della LM.Non capisco il perchè vi è un livello dove P è più alto di prima.La ringrazio

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      nell’attesa che il professore torni sulla questione, faccio solo un’osservazione.

      le curve IS-LM si muovono in un diagramma che ha per ascissa il livello del reddito e per ordinata il tasso d’interesse. le curve AD-AS, invece, si collocano in uno spazio che ha altre “coordinate”: in ascissa c’è ancora il livello del reddito, in ordinata non troviamo più il tasso d’interesse ma il livello generale dei prezzi. ogni punto sulla curva AD è una combinazione di due valori, del livello del reddito e del livello dei prezzi. se il livello dei reddito rimane fermo, ma il livello dei prezzi sale, la curva si sposterà in alto.

      ti è d’aiuto? 😦

      • Carlo Panico ha detto:

        Ottimo intervento, signor Mazzaracchio.
        Per il signor Vittorio. Se ha ancora problemi, venga mercoledì prossimo in dipartimento.

  74. michele ha detto:

    é corretto affermare che per i Keynesiani le cause della disoccupazione involontaria sono la domanda globale bassa e la rigidità dei salari verso il basso,causata dalla contrattazione collettiva?GRAZIE

  75. Giulio Sorrentino ha detto:

    rettifico un errore di battitura che all’inizio avevo scritto bene.. nel terzo capoverso intendevo che quando aumenta il reddito, Md si sposta verso DESTRA.. (NON VS SINISTRA)

  76. Francesco ha detto:

    Salve, e rieccomi con una richiesta di delucidazioni: non mi è molto chiara la critica dei monetaristi avverso la curva di Phillips, in particolare: non mi è chiaro perchè, secondo l’esempio riportato sul testo, nel lungo periodo i prezzi ed i salari cresceranno al tasso FF’, perchè la curva diventa verticale ad un certo punto e quali sono, e come si svolgono, le ripercussioni di una tale critica sulla politica economica (in sostanza non mi è chiaro quanto detto a pag. 393 del testo). Grazie mille!

    • Carlo Panico ha detto:

      Posso iniziarle a chiederle di leggere la risposta del 7 gennaio del dott. Filoso a una domanda di Michele e la risposta sempre del 7 gennaio mia a una domanda di Vittorio? Se i problemi restano aperti, ne riparliamo.

  77. annarita ha detto:

    Perchè vengono introdotti i ritardi nella teoria dell’acceleratore?

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      quando il mercato “tira”, le imprese ampliano gli stabilimenti con nuovi impianti, acquistano macchinari, etc… il modello dell’acceleratore risolve il problema dell’adeguamento dello stock di capitale “in un sol colpo” 😀 tuttavia, è altamente improbabile che accada, vuoi perché un’opera d’investimento non è di svolgimento immediato, vuoi perché le imprese si assicureranno prima che l’aumento della domanda di mercato non sia solo un fatto occasionale. nel modello dell’acceleratore, pertanto, sono stati introdotti dei “ritardi”: l’investimento non dipenderà più solo dall’aumento di produzione chiesto dal mercato nell’ultimo periodo, ma dagli incrementi che si sono registrati nei periodi più recenti, ciascuno di essi moltiplicato per un diverso coefficiente di accelerazione.

      in buona fede 😀

    • Carlo Panico ha detto:

      Perchè la versione più semplice della teoria dell’acceleratore, messa insieme a quella del moltiplicatore in un modello che vuole esaminare l’andamento del ciclo economico nel tempo, porterebbe a concludere che il livello del reddito prodotto e distribuito tende con il passar del tempo a muoversi verso zero (o infinito) a seguito di una variazione iniziale negativa (o positiva) del livello del reddito, che mette in azione (in base alla teoria dell’acceleratore) le variazioni dell’investimento. Nella realtà, economie che tendono all’autodistruzione a o esplodere non rappresentano la norma, per cui una teoria che produce questi risultati non è ben vista.

  78. carlo ha detto:

    Gent.Le Professore,

    non mi è molto chiaro il moltiplicatore dei depositi. E’ possibile avere delucidazioni in merito?

    • Giulio Sorrentino ha detto:

      Secondo la mia umilissima interpretazione si può spigare in parole semplici…. nel modo che segue. Ti risparmio formule ecc… perchè altrimenti non cambia niente rispetto al libro.
      Dobbiamo pensare che l’offerta di moneta è data dalla banca centrale europea. Ma comunque le banche ordinarie possono “creare” moneta bancaria. Su quest’attività può influire la politica monetaria della banca centrale. Cmq si puo’ spiegare il meccanismo con un semplice esempio (personale).
      Le banche hanno una certa quantità di depositi per i quali devono ,diciamo così, accantonare, tenere da parte, una certa percentuale di banconote per la cd. riserva monetaria. In modo da far fronte ad eventuali richieste di ritiro di denaro dei clienti (che cmq devono essere seguita da un preavviso). Di questa riserva una parte è legale(ex lege) un altra è facoltativa (ex voluntate).
      Allora, supponiamo (in modo molto irrealistico) che data una quantità di moneta 100 euro presso i depositi e poniamo che la riserva tot. sia del 10% (10 euro) la banca avrà a disposizione 90 euro che verranno impiegati in attività finanziarie oppure in prestiti e che indirettamente o direttamente torneranno (risparmi o consumo che genera altro risparmio altro consumo) nei conti correnti. Abbiamo detto che la riserva è del 10% e quindi il 10% di 90 euro è 9 euro… La banca accantona 9 e ha a disposizione 81 per altri prestiti, che ritornano in banca per via indiretta (risparmi o consumo che genera altro risparmio altro consumo) o diretta sui quali questa volta la riserva è di 8.1 euro… la banca quindi avrà a disposizione 72.9 euro.. altri depositi, altre riserve e cosi via… fino a quando si sarà esaurito il moltiplicatore (cioè quando la somma di tutte le riserve create sono pari al valore dei depositi iniziali, 100 euro). Vediamo che il valore finale dei depositi è di 1000 euro che sono la somma di tutte le riserve (100 euro) e della nuova moneta bancaria creata (900 euro).

      Quindi le banche attraverso le operazioni di prestito, ecc… possono creare moneta bancaria per un valore multiplo rispetto alla moneta iniziale depositata.
      spero di essere stato chiaro, di averti aiutato e di aver capito a mia volta come funziona in termini “superpratici” il moltiplicatore dei depositi. G. S.

    • Carlo Panico ha detto:

      L’analisi del moltiplicatore dei depositi descrive come variano questi ultimi (D) se varia la base monetaria (BM). Essa muove dall’identità BM=BMb+BMp, ovvero la base monetaria complessivamente in circolazione può trovarsi come un’attivitità nei bilanci delle banche (BMb) o nei bilanci degli altri soggetti dell’economia (BMp).
      Se BMb e BMp dipendono dall’ammontare dei depositi, troviamo un modo per legare BM a D. Può provare lei a completare il ragionamento?

  79. annarita ha detto:

    E’ corretto dire che: l’efficienza marginale del capitale è il saggio di rendimento in base al quale l’imprenditore valuta il progetto d’investimento,ossia, prendendo in considerazione il prezzo a cui si vende il progetto d’investimento e i ricavi e i costi futuri che sono valori incerti.Quindi l’imprenditore farà l’investimento solo se l’efficienza marginale del capitale è maggiore del saggio d’interesse, se è minore non gli conviene investire.

    grazie mille

  80. viviana ha detto:

    Gentile professore,
    mi chiedevo se nel caso l’esame di gennaio dovesse andare male se fosse possibile rifarlo a febbraio .
    Mi scusi se le faccio questa domanda in questo post dedicato allo studio dell’ economia ma purtroppo sono vincolata ai tempi della consegna della tesi e mi volevo rassicurare.
    Grazie

  81. ester ha detto:

    nn riesco a capire l’elasticità della curva di domanda in relazione al p in caso di monopolio e come si costruisce la curva di domanda in concorrenza perfetta di lungo periodo grazie

    • Giulio Sorrentino ha detto:

      In una situazione di monopolio noi sappiamo che c’è una sola grande impresa che controlla un settore, fissa il prezzo, il prodotto è unico, ci sono barriere d’entrata ,il consumatore è alla mercé dell’impresa.
      Se c’è una sola impresa che produce il farmaco “Valium”, cosa significa? Significa che la domanda di tale prodotto è perfettamente anelastica (e=0) rispetto al prezzo poiché se aumentasse il prezzo la gente chiederebbe sempre la stessa quantità di farmaco. Dato che la scelta è curarsi o meno e dato che c’è una sola impresa a produrre tale farmaco, qualsiasi sia il prezzo fissato la domanda non cambia. Praticamente la quantità domandata è indipendente dal prezzo.

      Per quanto riguarda la concorrenza perfetta, sappiamo che il prezzo è fissato dalle forze di mercato, ovvero dall’incontro tra domanda e offerta. Quindi ad un prezzo superiore di quello di mercato l’impresa non venderebbe nulla (ragionando sempre per ipotesi molto estreme) e la domanda che deve fronteggiare è perfettamente elastica (ha quindi un andamento parallelo all’asse delle ascisse).

      Nel breve periodo l impresa raggiunge l’equilibrio quando il ricavo marginale, che è uguale al prezzo( un unità in più di merce venduta da sempre lo stesso guadagno) e che è anche uguale al ricavo medio, eguaglia il costo marginale dell’impresa. Questo significa che l’impresa avrà convenienza ad aumentare la produzione fino a quando il ricavo che riceve dall’ultima unità di prodotto è uguale al costo che per quest’ultima sostiene. Perché se va oltre sta in “perdita marginale” (passami l’espressione).
      Nel lungo periodo succede che non essendoci barriere d’entrata nel mercato di concorrenza( ed anche per altri motivi) altre aziende possono scendere in campo e quindi aumentare l’offerta. Questo comporta un abbassamento del prezzo d’equilibrio e le altre imprese se vogliono sopravvivere devono adattarsi al prezzo nuovo. E quindi la domanda che deve fronteggiare si abbassa. L’equilibrio nel lungo periodo si raggiunge quando il prezzo ( uguale a RME, RMG, e D) eguaglia il costo medio di lungo periodo. In termini grafici quando la retta che indica RME, RMG, D, p, eguaglia nel punto più basso della curva CMLP. In prossimità del quale l’impresa fa solo profitti normali (di sussistenza); e al di sotto del quale l’impresa è in perdita. Il punto d’equlibrio è detto anche “punto di fuga”. Infatti se scende il prezzo ancora, le imprese chiudono perché non sono in grado, dati i costi, di produrre in profitto.
      Spero di aver detto tutto bene e di averti aiutato. Saluti G.S.

      • gianmaria mazzaracchio ha detto:

        forse mi sbaglio, ma…

        se l’impresa in monopolio offre sul mercato un bene a domanda rigida, si rientra nella tua descrizione. l’imprenditore, però, può avere il monopolio anche di un mercato in cui la domanda è più o meno elastica rispetto al prezzo di vendita e se questo è fissato ad un livello alto, l’offerta incontrerà sul mercato una domanda bassa. il monopolista è di fronte ad un aut aut: o sceglie il prezzo di vendita e la sua quota di mercato dipenderà dalla forma della curva della domanda; o sceglie la quantità da produrre e fisserà quell’unico prezzo che, secondo le indagini di mercato (le preferenze dei consumatori sono descritte dalla curva di domanda), eguaglia la sua offerta alla domanda di consumo. nella teoria, la bussola che orienta la sua scelta è il massimo profitto. quindi, muoverà la sua decisione verso il livello di produzione a cui il ricavo marginale e il costo marginale sono in equilibrio: il prezzo, allora, dipenderà solo dalla forma della curva del ricavo medio, cioè della domanda.

        e se sbaglio, ti chiedo scusa

      • gianmaria mazzaracchio ha detto:

        ops! 😀 al posto di “la sua quota di mercato”, al quarto rigo, leggi “il livello delle vendite”. il monopolista non ha una “quota” di mercato, l’intero mercato è “suo” 😀

      • Valerio Filoso ha detto:

        Caro Sig. Sorrentino, l’analisi che ha fatto del monopolio è completamente fuorviante: lei confonde un monopolista con un tiranno, cosa che non è se non nella retorica comune, che però nell’ambito della teoria economica non è di grande aiuto. In un’economia di mercato nessun consumatore è alla mercé di chiunque altro, foss’anche il monopolista più cinico e spregiudicato, perché può sempre esercitare la propria libertà di scelta individuale.
        Se, come lei sostiene, non esistesse alcun margine di sostituzione per i consumatori, il problema non sarebbe interessante dal punto di vista economico, dato che in sostanza non ci sarebbe scelta. Invece, nella realtà questi margini esistono e sono onnipresenti: se per caso domani il Valium scomparisse dal mercato oppure il suo prezzo diventasse proibitivo, i consumatori troverebbero qualche modo per sostituirlo, seppure in maniera imperfetta.
        Questa ipotesi di sostituibilità la trova rappresentata, nell’ambito della teoria del monopolio, dal fatto che il monopolista affronta una curva di mercato inclinata negativamente. Ancora, si può dimostrare (cosa che trova sul libro di testo) che un monopolista trae vantaggio dall’inelasticità di una parte della domanda e sceglie quindi di produrre in un punto in cui l’elasticità della domanda ha un valore superiore all’unità.

  82. Carlo Panico ha detto:

    Per la signorina Ester e il signor Giulio Sorrentino.
    In primo luogo occorre chiarire che le analisi di cui stiamo trattando sono di equilibrio parziale (e non di equilibrio generale – ricordate bene la differenza tra le due configurazioni di equilibrio).
    Se esaminiamo la costruzione della curva di offerta di un bene in un’analisi di equilibrio parziale, di concorrenza perfetta e di breve periodo, le cose che dice il signor Sorrentino vanno bene. La curva di domanda che il singolo produttore può soddisfare è orizzontale. Il produttore sceglie la quantità da produrre massimizzando il proprio profitto, ovvero uguagliando il ricavo marginale (che è uguale al prezzo in questo caso) al costo marginale. Il costo medio corrispondente a quel livello di produzione può essere uguale al costo marginale (gli extra-profitti del produttore saranno pari a zero), maggiore del costo marginale (gli extra-profitti del produttore saranno positivi) o minore del costo marginale (gli extra-profitti del produttore saranno negativi).
    Nella costruzione della curva di offerta di un bene in un’analisi di equilibrio parziale, di concorrenza perfetta e di lungo periodo, gli extra-profitti del produttore devono essere necessariamente pari a zero, il che implica che il costo medio deve essere uguale al costo marginale e la condizione di massimizzazione del profitto del produttore si realizza quando il ricavo marginale è uguale sia al costo marginale che al costo medio, ovvero nel punto di minimo della curva del costa marginale.
    Nella costruzione della curva di offerta in un’analisi di equilibrio parziale, di monopolio e di breve periodo, invece, il ricavo marginale è inferiore al ricavo medio, se la curva di domanda del singolo produttore (che coincide con quella dell’intero mercato) è decrescente. L’elasticità della curva di domanda non deve essere necessariamente infinita, come sostiene il signor Sorrentino. L’elasticità può assumere qualunque valore e dipenderà dalle scelte dei consumatori. La condizione di massimizzazione del profitto è ricavo marginale (che ora sarà minore del prezzo) uguale al costo marginale e il produttore sceglierà la quantità da produrre e portare sul mercato in base a questa condizione.
    Se avete bisogno di ulteriori chiarimenti, per favore fatemi sapere.

    • Carlo Panico ha detto:

      Errata corrige: IN un’analisi di equilibrio parziale, concorrenza perfetta e lungo periodo si realizza quando il ricavo marginale è uguale sia al costo marginale che a quello medio, ovvero nel punto di minimo della curva del costo medio (non marginale).

  83. Giulio Sorrentino ha detto:

    per gianmaria…
    io ho fatto il caso comunque limite di domanda rigida. così è più facile da esporre.
    Pero convieni con me che in una situazione di monopolio la domanda che l’impresa deve fronteggiare ha un elasticità finita(abbastanza rigida diciamo), mentre nella concorrenza no..?. se siamo d’accordo su questo siamo d’accordo su tutto perchè quello che hai detto dopo mi sembra corretto.
    Poi le caratteristiche proprio del monopolio ci dicono che il prodotto è uno, lo offre solo l’impresa monopolistica, a tantissimi consumatori. Questi o comprano a quelle condizioni oppure non comprano. l’economia considera un consumatore razionale cioè spende per trarre soddisfazione. E se e non ci sono sostituti, perchè il bene di quel tipo è uno, il consumatore per forza compra al prezzo che fissa il monopolista.
    sec me se una sola impresa fa il pane io non mi astengo dal consumo… considerando comunqe che tutto bene o male mettono il pane a tavola. cioè non so se mi sono spiegato.
    se una sola azienda fa le scarpe che faccio vado a piedi nudi?
    se una sola azienda fa gli abiti che faccio non mi copro?
    sec me in monopolio la domanda è sempre piuttosto rigida rispetto al prezzo.
    poi magari mi sbaglio.

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      “Però convieni con me che in una situazione di monopolio la domanda che l’impresa deve fronteggiare ha un’elasticità finita (abbastanza rigida diciamo), mentre nella concorrenza no?”.

      sì, nel monopolio l’elasticità della domanda rispetto al prezzo è finita. non sono d’accordo, però, sulle parole in parentesi. come il professore dice sopra: l’elasticità può assumere qualunque valore e dipenderà dalle scelte dei consumatori.

      quando il prezzo del biglietto è salito, ho smesso di prendere il treno e ho cominciato ad usare i pullman 😀 il monopolista guida il “suo” mercato, ma il consumatore può abbandonare il mercato del monopolista ed entrare in un altro mercato, se trova un’offerta migliore su un bene o servizio simile.

      il tuo caso limite? anche quando il prodotto del monopolista è unico e insostituibile, come una medicina che mi tiene in vita, la curva di domanda del consumatore (la curva di mercato è un’aggregazione delle curve individuali) dipende, oltre che dalle sue preferenze e dai costi relativi (in questo caso non ci sono costi relativi), anche dal suo REDDITO: perciò, se il prezzo sarà più alto del mio reddito, non comprerò la medicina (povero me!), il mondo perderà Gianmaria e l’impresa monopolistica resterà senza un cliente. ma non saprei dirti cosa è peggio per l’economia 😀

      (siamo studenti 😀 )

    • Valerio Filoso ha detto:

      AFFERMAZIONE – “E se e non ci sono sostituti, perchè il bene di quel tipo è uno, il consumatore per forza compra al prezzo che fissa il monopolista.”
      RISPOSTA – No. Se fosse così, a ogni monopolista converrebbe fissare un prezzo infinito per il proprio prodotto. Non nego che a molti di loro piacerebbe, ma nella realtà anche i monopolisti sono vincolati.
      AFFERMAZIONE – “sec me se una sola impresa fa il pane io non mi astengo dal consumo… considerando comunqe che tutto bene o male mettono il pane a tavola. cioè non so se mi sono spiegato.”
      RISPOSTA – Non credo. Se il pane costasse 100 euro al chilo di sicuro non ne consumerebbe tanto quanto ne consuma oggi, ai prezzi correnti.
      AFFERMAZIONE – “se una sola azienda fa le scarpe che faccio vado a piedi nudi?”
      RISPOSTA – Anche qui dipende dal prezzo. Provi a chiedere ragione a una persona anziana, che ha attraversato le traversie della guerra, il valore di un paio di scarpe.
      AFFERMAZIONE – “se una sola azienda fa gli abiti che faccio non mi copro?”
      RISPOSTA – Il problema non è il monopolio, ma il prezzo. Se gli abiti costassero un decimo di quanto costano oggi, probabilmente il suo (e il mio) guardaroba si arricchirebbero non poco. Se costassero cinquanta volte tanto, invece, presteremmo ai nostri capi una cura molto maggiore di quanto facciamo oggi.
      AFFERMAZIONE – “sec me in monopolio la domanda è sempre piuttosto rigida rispetto al prezzo.”
      RISPOSTA – Questo è un non sequitur. L’elasticità della domanda dipende dalle preferenze degli individui, dalla disponibilità di beni sostituti più o meno prossimi, dal reddito, dall’orizzonte temporale nel quale avvengono le scelte. In realtà, il monopolista produce sempre in un punto in cui la domanda è elastica rispetto al prezzo.

      Hope it helps!

  84. Giulio Sorrentino ha detto:

    Si infatti siamo studenti… tranquillo. l importante è che su quella cosa iniziale siamo d’accordo…. perchè quella è la base.
    però io cmq ho posto a parità di altri condizioni… cioè non ho parlato ne di preferenze, ne di reddio. penso che posto l’altre variabili della domanda, questa, rispetto al prezzo, è poco elastica in una situazione di monopolio.
    Comunqe sia apprezzo la tua preparazione… 😉

  85. michele ha detto:

    Scusate ragazzi una domanda: per quanto riguarda l’inflazione, perche se le decisioni d’investimento vengono prese in termini monetari bastera un aumento dell’attività produttiva per eliminarla,mentre se tali decisioni vengono prese in termini reali sarà necessario un intervento istituzionale?

  86. Annarita Manzo ha detto:

    Se vogliamo descrivere la relazione che c’è tra D e BM, sapendo che i depositi sono un multiplo della base monetaria, dobbiamo vedere i valori che assumono i coefficienti b e g. Secondo il libro di testo b e g sono stabili, ma possono anche non esserlo. Quando le autorità monetarie adottano politiche economiche restrittive riducendo la liquidità in circolazione, b e g cominciano a fare i “ballerini”.
    E’ giusta questa affermazione?

    Grazie Mille

    • Carlo Panico ha detto:

      Sì. L’affermazione è corretta ed è anche quella maggiormente adottando tra coloro che partecipane attivamente alla formazione della politica monetaria. L’IME (Istituto Monetario Europeo) che, prima dell’istituzione della Banca Centrale Europea ha preparato l’introduzione dell’euro, aderiva a questa posizione. Il vostro libro di testo, tuttavia, non va così a fondo in questo dibattito che in generale viene affrontato approfonditamente in un corso di economia monetaria.

  87. gianmaria mazzaracchio ha detto:

    quando la domanda di beni supera il livello di offerta di piena occupazione, i prezzi cominciano a salire. se nel diagramma a croce di Keynes si indica sull’asse orizzontale il reddito monetario (che è uguale al reddito reale moltiplicato per il livello dei prezzi), il valore del reddito prodotto e distribuito aumenterà a causa dei nuovi e più alti prezzi.

    l’inflazione generata dallo squilibrio sul mercato non cambierà la mia decisione di spendere 1000 euro a scopo d’investimento: spenderò 1000 euro al nuovo livello dei prezzi. la funzione dell’investimento manterrà il suo andamento normale e, di conseguenza, la domanda globale raggiungerà l’equilibrio con l’offerta globale nel punto di incontro con la retta a 45 gradi: l’uguaglianza tra domanda e offerta frenerà la spintà inflazionistica, senza bisogno di aiuti esterni.

    se, invece, il mio progetto d’investimento aveva un contenuto “reale”, comprare 1000 chiodi e 100 martelli, con un’inflazione del 5 per cento chiodi e martelli costeranno il 5 per cento in più e dovrò affrontare una spesa più alta per realizzare quell’investimento. se riportiamo quest’ultima osservazione nel grafico, la funzione della domanda globale sarà rappresentata da una linea spezzata che non incontrerà mai la retta a 45 gradi (che è l’insieme dei punti di equilibrio del sistema), perché al di là del muro infazionistico (oltre il livello di piena occupazione) l’investimento crescera al tasso dell’inflazione e la funzione della domanda globale si muoverà sopra la retta di 45 gradi. sarà dunque necessario un intervento esterno al mercato per combattere l’inflazione.

    se sbaglio, ti chiedo scusa.

  88. Giulio Sorrentino ha detto:

    Valerio Filoso
    ho capito grazie 😉

  89. fabio garofalo ha detto:

    Sotto quale voce della bilancia dei pagamenti vanno registrati i prestiti fatti ai residenti di un paese dalle banche non residenti? Nei movimenti indiretti di capitale? E i pagamenti di interessi tra residenti e non residenti? Nei trasferimenti di reddito?La ringrazio anticipatamente.

  90. ester ha detto:

    la differenza tra equlibrio generale e parziale sta nel numero di mercati ke vengono considerati giusto?inoltre perchè in concorrenza perfetta di lungo periodo gli extra-profitti del produttore devono essere necessariamente pari a zero??mi scs ma nn resco prp a capire qst curva??

    • Carlo Panico ha detto:

      Le analisi di equilibrio generale esaminano le condizioni di equilibrio che si realizzano su tutti (sottolineo tutti) i mercati simultaneamente. La definizione di equilibrio parziale che Marshall (l’economista che introdusse questi concetti in forma analitica nella letteratura economica) propose si riferiva alle analisi delle condizioni di equilibrio su un mercato, fermo restando le condizioni di equilibrio prevalenti sugli altri mercati. Quello che principalmente si studia nei corsi istituzionali di economia sono gli equilibri “marshalliani”, ovvero quelli introdotti da Marshall e definiti come appena detto. In letteratura, però, è possibile trovare anche altri usi (o accezioni) del termine equilirbio parziale.
      Quanto alla condizione di extra-profitti uguali a zero nelle analisi di equilibrio di concorrenza perfetta e di lungo periodo, essa è legata alla definizione di conoscenza perfetta, in cui tutti i soggetti esistenti nell’economia hanno le stesse informazioni (il che significa che, per assunzione, nessuno può nascondere nulla), e alla possibilità di spostarsi senza costi da un settore all’altro che caratterizza le analisi di lungo periodo. Se in un settore ci sono extra-profitti positivi, altri produttori tenderanno a muoversi in quel settore e questo provocherà una diminuzione del prezzo di quel bene che porterà a zero l’extra-profitto. Se l’extra-profitto è negativo, i produttori tenderanno a lasciare quel settore inducendo un aumento del prezzo di quel bene tale da riportare l’extra-profitto a zero. Nelle analisi di breve periodo, invece, la possibilità di spostarsi da un settore all’altro non è contemplata in quanto ogni produttore è legato all’impianto che ha già comprato e non può cambiarlo.

  91. ester ha detto:

    in maniera molto schematica
    monetaristi politica fiscale inefficace x lo spiazziamento
    politica monetaria favorevole con delle regole automatiche ma nn a curare lne l’inflazione ne la disoccupazzione

    kenesiani politica monetaria inefficace x la trappola della liquidità e l’elasticita di md
    politica fiscale efficace
    giuto??

    • Carlo Panico ha detto:

      “monetaristi politica fiscale inefficace x lo spiazziamento”
      OK

      “kenesiani politica monetaria inefficace x la trappola della liquidità e l’elasticita di md politica fiscale efficace”
      OK

      “politica monetaria favorevole con delle regole automatiche ma nn a curare lne l’inflazione ne la disoccupazzione”
      Non capisco

  92. michele ha detto:

    Nel ringraziare gianmaria per la risposta volevo porre un’altra(ennesima) questione: è giusto affermare che la teoria del costo pieno spiega l’inflazione assumendo che il livello dei prezzi non cambia quando variano le quantità prodotte ma che quando si raggiunge la piena utilizzazione degli impianti i costi primi necessariamente salgono perche si deve ricorrere ad espedienti quali,es. lavoro straordinario , nuovi impianti ecc. ecc. e che quindi per la teoria in esame quando i costi primi aumentano anche i prezzi aumentano?

    • Francesco ha detto:

      Direi che, per buona approsimazione, per spiegare l’inflazione da domanda secondo la teoria del costo pieno vada bene. Lascio la conferma, e nel caso sia errata, una corretta spiegazione al Professore.

    • Carlo Panico ha detto:

      “quando i costi primi aumentano anche i prezzi aumentano”
      Questa affermazione è compatibile con la teoria del costo pieno.

  93. tina ha detto:

    Nella teoria della distribuzione di Pasinetti,pur capendo la correzione che apporta alla teoria di Kaldor, non riesco a capire i passaggi delle equazioni che portano alla formula del profitto.

    • Carlo Panico ha detto:

      Per discutere passaggi matematici credo che sia meglio vedersi personalmente per avere a disposizione un foglio su cui scrivere. Mercoledì prossimo sarò in dipartimento.

    • Eduardo ha detto:

      Anche io ho il tuo stesso problema.L’abbondanza di equazioni mi porta confusione e non mi fa capire il nocciolo della questione.Anche in altri passaggi del libro che ho affrontato precedentemente 😦

  94. Annarita Manzo ha detto:

    Gent.Le Professore,

    per quanto riguarda la prima idea guida del monetarismo: “Meccanismo di trasmissione degli impulsi monetari alla parte reale dell’economia”, non ho capito molto bene la differenza tra le posizioni keynesiane e i monetaristi, con particolare riferimento all’elasticità della curva di domanda.
    Grazie mille.

    • gianmaria mazzaracchio ha detto:

      la questione è stata risolta con la “legge” 7 gennaio 2011 delle 17:14 😀

      Domande degli studenti

    • Carlo Panico ha detto:

      Se la curva di domanda è molto elastica rispetto al saggio di interesse (ossia è una curva piatta), un aumento dell’offerta di moneta provocherà una riduzione limitata del saggio di interesse (nel caso della trappola della liquidità, in cui la curva di domanda tende ad essere parallela all’asse delle ascisse) la riduzione del saggio di interesse tenderà a zero. (Provi a disegnare una curva di domanda di moneta con un tratto orizzontale o quasi orizzontale e tracci due funzioni di offerta di moneta, entrambe perpendicolari all’asse della ascisse, ma una più spostata verso destra dell’altra, e osservi di quanto varierà il tasso di interesse quando la retta rappresentante l’offerta di moneta si sposta verso destra).
      Se invece la curva di domanda di moneta è poco elastica rispetto al saggio di interesse (come assumono i monetaristi), la stessa variazione dell’offerta di moneta (ossia lo stesso spostamento verso destra della retta che rappresenta questa variabile) genererà una riduzione maggiore del saggio di interesse.

  95. Carlo ha detto:

    Scusatemi, ma non ho capito il moltiplicatore del reddito. Qualcuno mi da delucidazioni in merito.

    Grazie

  96. fabio garofalo ha detto:

    é giusto dire che la produttività marginale di un fattore riflette la sua scarsità per l’assunzione dei rendimenti marginali decresenti?

    • Valerio Filoso ha detto:

      Sì. La produttività marginale di un fattore produttivo dipende, ceteris paribus, dalla quantità impiegata di tale fattore. Quando i mercati sono competitivi, ovvero quando i margini di profitto sono stati interamente sfruttati, i prezzi dei fattori tendono a eguagliare la loro produttività marginale in valore, ovvero il contributo fornito al valore del prodotto finale. L’ipotesi dei rendimenti marginali decrescenti interviene a determinare la pendenza della curva di domanda dei fattori stessi; data l’ipotesi, le curve risultano decrescenti: se così non fosse, sarebbe possibile contribuire alla produzione ottenendo incrementi di prodotto finale sempre allo stesso costo (rendimenti costanti) o addirittura a costi decrescenti (rendimenti crescenti). Quando invece siamo in presenza di rendimenti decrescenti, esisterà un limite oltre il quale il contributo alla produzione è, in valore, inferiore al costo sostenuto per implementarlo: in altre parole, esisterà un valore ottimale da impiegare del fattore. Se tutti i fattori produttivi seguono questo pattern, allora il rapporto tra i loro prezzi rispecchia esattamente il rapporto tra le loro produttività marginali.

  97. fabio garofalo ha detto:

    Gentile professore.Una domanda inerente all’esame. Se non si supera l’esame a febbraio,è possibile poi ripeterlo a marzo? La ringrazio anticipatamente!

  98. Carlo ha detto:

    per quanto concerne il moltiplicatore del reddito è giusto affermare che quando facciamo aumentare gli investimenti di una unità di conto,questo avrà un effetto moltiplicativo sul reddito di 5 unità di conto?

    • Carlo Panico ha detto:

      Questo è corretto che il moltiplicatore è pari a 5, ovvero, se siamo in un’economia senza imposizione fiscale e rapporti con l’estero, se la propensione marginale al risparmio dell’intera economia è pari al 20%. Quando queste condizioni non valgono il moltiplicatore può assumere altri valori e non è detto che un aumento dell’investimento di 1 unità di conto farà aumentare il reddito di 5 unità di conto.

  99. Carlo ha detto:

    Quindi nel momento in cui dobbiamo esporre il moltiplicatore del reddito, cosa è giusto affermare?

    • Carlo Panico ha detto:

      Provi a rispondere lei. Poi ne discutiamo.
      Per apprendere bisogna essere attivi, impegnarsi a formulare le domande in maniera corretta e a dare le risposte. Per osmosi non si apprende. Lei crede che si può imparare a giocare al calcio, al tennis o al basket semplicemente guardando la televisione, oppure è necessario andare sul campo per allenarsi?

    • viviana ha detto:

      anche io ho difficoltà a mettere insieme quello che ho capito sul moltiplicatore del reddito ,mi sembra(!!) di averlo capito eppure quando provo ad esporlo mi sembra troppo confuso…percio’ provo a rispondere ….

      prima terrei presente :
      la condizione di equilibrio I=S
      le equaz di comportamento delle variabili I e S che sono:
      I =I dato
      S=s X ( cioè il risparmio S è una percentuale s del reddito X)(la percenutale s è detta propensione marginale al risparmio)

      se si assume che nell’economia ci sai una variazione degli investimenti (deltaI) allora si esce dall’equilibrio(perchè I non è più ugaule a S)
      Per ritornare in equilibrio c’è bisogno di una variazione di S che sia uguale alla variazione di I. Ma il risparmio S è relazionato al reddito X (l’abbiamo visto nella 3 equaz scritta prima:il risparmio è una percentuale del reddito) per cui affinchè aumenti S deve aumentare X. ma di quanto deve aumentare X ?deve aumentare di una quantità che moltiplicata per s(la percentuale) dia proprio quel deltaS =deltaI(scusate ma il segno delta il pc non ce l’ha..credo) ,quindi :
      deltaI = s deltaX
      A noi importa sapere quanto è deltaX quindi:
      deltaI 1/s = deltaX
      Questo deltaX è il valore di X che ci consente di tornare in equilibrio e 1/s è il moltplicatore del reddito,ed essendo il reciproco di un numero minore di uno (perchè s è una percentuale)è un numero maggiore di uno.
      il moltiplicatore del reddito ci dice di quanto deve variare il reddito X quando nell’economia c’è una variazione degli Investimenti(affinchè si possa ritornare in equilibrio)
      …….troppo confuso eh?mi scusi prof!

  100. Annarita Manzo ha detto:

    Professore nel ripetere il vincolo di bilancio sto incontrando delle difficoltà, non riesco a capirlo bene. Può fornirmi qualche delucidazione.

    Molte Grazie

  101. fabio garofalo ha detto:

    La disoccupazione involontaria è quella che dipende dalla scarsa domanda?

  102. Annarita Manzo ha detto:

    Nel dodicesimo capitolo, paragrafo 8, viene esposta questa formula: dG=dT+dM che è l’equazione del vincolo del bilancio pubblico. Se era possibile volevo una spiegazione più chiara al riguardo.

    Grazie ancora.

    • Giulio Sorrentino ha detto:

      proviamo a dare una risposta… come dice il prof Panico se non si rischia…xD
      il vincolo di bilancio ci dice che un aumento della spesa pubblica(G) deve essere finanziata con l’aumento prelievo fiscale (T) oppure con l’aumento della quantità di moneta in circolazione(M); o ancora con la variazione di entrambe. Quello che ci dice il vincolo di bilancio è che se la spesa cambia non è possibile che G o T rimangano entrambe fisse.
      Se l’aumento spesa pubblica è finanzia interamente con l’aumento del prelievo, per il teorema di Haavelmo, ci sarà alla fine una trasposizione di IS verso destra (dati i prezzi e quindi LM e senza considerare lo spiazzamento) ed un aumento del livello del reddito (e del tasso d’interesse) pari all’aumento della spesa pubblica stessa (moltiplicatore è 1). Perché l’aumento del prelievo assorbe in parte l’aumento del reddito.
      Se si finanzia l’aumento della spesa pubblica con l’aumento della moneta succede che si sposta verso destra sia IS che LM nello stesso tempo…e ci sarà una aumento del reddito.
      Se si finanzia con entrambe, T e M allora si incrociano gli effetti: si parla di politiche miste.
      Ultima cosa da dire è che, spesso l’aumento della spesa pubblica è finanziato con il debito pubblico. che causa una trasposizione verso destra di IS(con conseguente aumento del reddito e del tasso d’interesse) ma lascia invariata LM.
      .

      • Carlo Panico ha detto:

        Buona risposta. Ma ripetiamo con ordine:

        1. Un aumento di G può essere finanziato con un aumento di T, oppure con una variazione della base monetaria (attenzione non di M, ma di BM), oppure con una variazione dei titoli pubblici (o del debito pubblico).

        2. Se un aumento di G è esattamente uguale all’aumento di T, può operare il teorema di Haavelmo, se l’imposizione fiscale è anche autonoma. Se questa condizione non si verifica il teorema di Haavelmo non opera.

        3. Su spiazzamento e politiche miste, OK.

  103. fabio garofalo ha detto:

    Le variabili da cui dipende il consumo aggregato sono x,r e w?

  104. Annarita Manzo ha detto:

    Professore non ho capito quali fattori influenzano il saggio naturale di disoccupazione. Ma domani posso trovare qualcuno in dipartimento per chiedere delucidazioni sulla costruzione di alcuni grafici riguardanti la domanda aggregata secondo la rinascita Neoclassica.

    Grazie Mille

    • Carlo Panico ha detto:

      Gentile signorina,
      ho letto solo ora la sua richiesta. La sua risposta era corretta. Quanto all’orario di ricevimento mercoledì prossimo sarò in dipartimento. Cordiali saluti

  105. Daniela ha detto:

    Quando una grandezza x si dice elastica, inelastica o ad elasticità unitaria rispetto ad una grandezza y??

    Grazie

  106. tina ha detto:

    Domanda: Perché il PMG del lavoro è uguale al salario reale W ?

    Risposta: Perché se assumiamo che in questa economia c’è un solo bene,quel bene oltre a rappresentare il prodotto marginale, è anche quello che viene dato ai lavoratori.
    Quindi possiamo misurare quel bene in termini fisici.
    Inoltre il pmg del lavoro= w perchè l’ultimo lavoratore che al produttore conviene impiegare si trova sulla curva di domanda del lavoro che riflette la decrescenza del proddotto marginale del lavoro.
    Giusto?

    • Valerio Filoso ha detto:

      C’è solo una correzione da fare: il prodotto marginale del lavoro, in equilibrio, è uguale al salario reale, ovvero w/p. Equivalentemente, la produttività marginale del lavoro in valore è uguale al salario monetario.

    • Carlo Panico ha detto:

      La risposta è giusta. Tenga conto che gli ostacoli all’uso di una misurazione “fisica” (reale) del prodotto nella teoria della distribuzione non mette in discussione l’uguaglianza tra prodotto marginale e saggio di salario (misurato sia in termini reali che monetari). Mette in discussione la decrescenza della curva del prodotto marginale.

      • tina ha detto:

        Grazie mille…erano chiarimenti che occorrevano per completare la mia risposta.
        Volevo inoltre chiederle, se era possibile incontrarsi una volta a settimana per verificare con lei la mia preparazione. Intendo sostenere l’esame non prima di marzo, perché, dal momento che sono impegnata anche con il lavoro,ho preferito dedicare a questo esame più tempo,data la complessità della materia.
        Ho inoltre seguito tutte le sue lezioni e vorrei semplicemente avere un riscontro sugli argomenti fino ad oggi da me studiati.
        Vi ringrazio ancora per la risposta.

  107. Giulio Sorrentino ha detto:

    Caro prof… io ho fatto l’esame tutto ok… ho solo un ultima richiesta da farle. Vorrei sapere quante verità ci sono in questo video… Grazie, buon lavoro.

    • Carlo Panico ha detto:

      Caro signor Sorrentino,
      purtroppo le cose che Grillo dice, e che molte persone stanno oggi propagandondo, sono il frutto di ignoranza delle teorie monetarie, del funzionamento concreto dei mercati monetari e finanziari e della storia economica moderna e contemporanea.
      Durante le lezioni mi sono dilungato sulle questioni monetarie più che su altre questioni perchè questi temi sono di particolare rilevanza e attualità per la nostra vita individuale e sociale. Il mio auspicio era che le cose di cui ho parlato vi potessero dare il senso della complessità della materia e della necessità di essere bene informati, per evitare che nella società (e nella politica) prevalgano punti di vista erronei e pericolosi, come quelli che emergono nel filmato che sottopone.
      Le questioni monetarie (incluso quelle dell’indipendenza della banca centrale) sono di cruciale rilevanza per la democrazia e i giuristi e gli economisti sono impegnatissimi nella discussione e nella soluzione di questi problemi. Ho seguito già molte tesi sull’argomento, che si presta particolarmente alla riflessione degli studenti di giurisprudenza. Mi auguro che completiate il vostro corso di laurea con informazioni ampie e approfondite al riguardo.
      Fino allo scorso anno ho tenuto in facoltà un corso di economia monetaria che poteva essere scelto dagli studenti del 4° e 5° anno. Il programma era incentrato sul funzionamento dell’Unione Monetaria Europea e sul rapporto tra l’indipendenza della banca centrale e la democrazia. Non c’è stata affluenza e per questo l’abbiamo sostituito con un altro corso.
      Se ora vuole approfondire ulteriormente i temi su indicati (come vi ho più volte detto durante il corso) fatemi sapere; la facoltà è molto attenta a queste vostre esigenze e disponibile a prendere iniziative.

      • Giulio Sorrentino ha detto:

        Caro prof grz delle risposte…
        Peccato che quel corso sia stato eliminato… mi sarebbe piaciuto molto fare un esame di questo tipo. Questo perchè io penso che uno studioso del diritto non possa rimanere indifferente a temi simili. Il diritto da dove parte? parte dalla società, dall’economia prima di tutto… Se un giurista (o aspirante tale) ignora queste cose, secondo il modesto parere, non può avere una visone a 360° di ciò che accade nel mondo del diritto. Le leggi si fanno perchè c’è un motivo.. e spesso quel motivo è economico. Per questo se fossi il il rettore, il ministro o chi abbia il potere influente, introdurrei qualche corso più sull’economia e toglierei qualche esame di storia… ma questo è solo una mia opinione. Saluti e buon lavoro a tutti.

    • Carlo Panico ha detto:

      Caro signor Sorrentino,
      il nostro efficientissimo blogmaster ha caricato nel blog un saggio sull’evoluzione della letteratura economica sul tema “indipendenza delle banche centrali”. Se vuole, può scaricarlo.
      Cordiali saluti

  108. viviana ha detto:

    gentile Dott.Filoso avevo scritto il saggio di inflazione perchè incide sui saggi di interesse…mhm, non è corretto?mi ricordavo che il prof.al corso tra le variabili che possono incidere sul consumo aveva citato anche questa,spero di non ricordare male.
    potrebbe dare anche un’occhiata alla mia risposta sul moltiplicatore del reddito per favore?so che è un po’ confusa come risposta ma non riesco ad essere piu’ sinteta e concreta su questo argomento e se venisse chiesto in sede di esame (soprattutto allo scritto) vorrei riuscire a scrivere in maniera sintetica ma esaustiva la risposta..
    grazie mille

    • Valerio Filoso ha detto:

      Cara Viviana, le rispondo con piacere: ora ho capito che cosa intende. In generale, è meglio essere espliciti sul tipo di modello che si prende in considerazione per spiegare un dato fenomeno: nel modello neoclassico il tasso d’interesse reale (e quindi il tasso d’inflazione) ha influenza sui consumi, mentre questo non avviene nel modello keynesiano, nel quale il consumo dipende essenzialmente dal reddito corrente. Nel caso neoclassico consideri per esempio un vincolo intertemporale di questo tipo:
      p(t)c(t) + p(t+1)c(t+1)/(1+r) = w
      nel quale p(t) e p(t+1) sono il livello generale dei prezzi nei periodi t e t+1, c(t) e c(t+1) sono le quantità di beni di consumo nei periodi t e t+1, r è il tasso d’interesse e w è la ricchezza. Questo vincolo dice che il valore del consumo al tempo t, più il valore attualizzato (notare la divisone per 1+r) del consumo al tempo t+1 devono essere pari alla ricchezza dell’individuo.
      Provi a scrivere quest’espressione lasciando solo c(t+1) al primo membro e dovrebbe apparire, come d’incanto, il tasso d’inflazione… aspetto qui sul blog una sua risposta: sono sicuro che ci può arrivare!
      Per quanto riguarda l’algebra del moltiplicatore, se viene in dipartimento sarà più semplice chiarirle ogni dubbio con carta e penna.

  109. valentina ha detto:

    perchè quando scriviamo l’equazione di equilibrio in un’economia con presenza di settore pubblico non consideriamo subito anche la T ?
    cioè perchè scriviamo X = C + I + G (e non inseriamo subito anche – T ) visto che stiamo considerando solo alcune attività dello stato tra cui l’acquisto di beni e servizi (quindi G) e la racconlta delle imposte dirette (quindi T) ?
    ho capito che per passare all’altra versione della condizione di equilibrio, quella I = S , utilizziamo l’artificio di sottrarre la T da ambo i membri dell’equazione,ma non ho capito perchè non consideriamo già prima le imposte.
    grazieeeee

    • Carlo Panico ha detto:

      Nell’uguaglianza X = C + I + G, il termine a destra del segno di uguale rappresenta l’offerta di beni e servizi, mentre quello a sinistra la domanda di beni e servizi che vengono dal settore privato nazionale (C+I) e dal settore pubblico nazionale (G). T non rappresenta né domanda né offerta di beni e servizi. Esso incide sul reddito disponibile alle famiglie e può quindi influenzare le decisioni di queste ultime su C. Inoltre, a seconda del modello che usiamo, può essere rilevante per le decisioni di investimento (I) e per quelle relative agli acquisti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione (G). Nei modelli presentati dal vostro libro di testo, T compare solo nelle equazioni di comportamento di C.

  110. Gilda ha detto:

    Buongiorno a voi, cari utenti.
    Sono una studentessa alle prese con l’esame di economia politica. ho notato quanto sia utile la consultazione di questo blog per la comprensione di argomenti non sempre facili. dovrò sostenere l’esame con un altro docente del nostro ateneo e mi chiedevo se qualcuno di voi può aiutarmi a capire in che modo possiamo spiegare l’inflazione da domanda e da costi mediante la teoria del costo pieno. ho studiato le 3 teorie, ma mi risulta difficile capire la rappresentazione del grafico riportato sul testo Jossa.
    ho ancora un’altra domanda, nel testo dove sono spiegate la DA e SA?

    Vi ringrazio in anticipo e spero di riuscire a risolvere le mie lacune grazie alla vostra collaborazione.

    • Carlo Panico ha detto:

      La prima domanda non è molto chiara. Inflazione vuole dire che i prezzi aumentano. Il prezzo di un bene è per definizione uguale al costo di produzione. Quindi se il prezzo aumenta, il costo di produzione aumenta. Se il costo di produzione aumenta a causa di un aumento nella domanda di beni e servizi, dovremmo poter dire che l’inflazione è da costi. Se il costo di produzione aumenta indipendentemente dall’aumento della domanda di beni e servizi dovremmo avere una produzione da costi. Un esempio del primo caso è un aumento della domanda di beni e servizi nelle feste natalizie. Un esempio del secondo caso è un aumento del costo del lavoro dovuto a una forte partecipazione dei lavoratori al movimento sindacale. Se l’elevata partecipazione avviene in un periodo di recessione, siamo chiaramente in un caso di inflazione da costi. Ma se la forza dei lavoratori è indotta da una elevata domanda di beni e servizi e un elevato livello di occupazione, siamo in un caso di inflazione da costi o da domanda?
      Purtroppo i casi chiari sono la minoranza e identificare l’inflazione come indotta dai costi o dalla domanda non è facile.
      Quanto alle curve di domanda e offerta aggregate, esse sono spiegate nel capitolo 14 del testo di Jossa. La curva di offerta aggregata di Lucas è però spiegata nel capitolo 21.

  111. tina ha detto:

    Domanda: Se ci troviamo lungo la retta LM siamo in una posizione di equilibrio, ma se siamo in un punto al di sopra del sentiero di equilibrio, vi è eccesso di domanda o eccesso di offerta di moneta?
    Come faccio a tornare in equilibrio? Quale parametro devo spostare?

    Grazie

    • Carlo Panico ha detto:

      Per verificare se un punto esterno alla LM sia di eccesso di domanda o eccesso di offerta di moneta può procedere come segue. Scelga un percorso per tornare dal punto esterno alla LM alla stessa LM. Ad esempio, se il punto esterno è al di sopra (o a destra) della LM, provi a mantenere costante il saggio di interesse r e a ridurre X. A mano a mano che X si riduce il punto esterno si muoverà orizzontalmente (ossia parallelamente all’asse delle ascisse) verso la LM. Tornerà così in equilibrio mantenendo costante la domanda di moneta a scopo speculativo (perché r é costante) e diminuendo la domanda di moneta a scopo transattivo (perché X si riduce). La domanda di moneta complessiva, che è la somma delle due appena menzionate, si riduce conseguentemente e tornerà in equilibrio mantenendo costante l’offerta di moneta e riducendo la domanda di moneta. E’ evidente che il punto esterno alla LM era un punto a cui corrispondeva un eccesso di domanda di moneta sull’offerta.
      Quello appena indicato è un percorso che può seguire per affrontare il problema. Avrebbe potuto seguire altri percorsi. Provi a esercitarsi in questa direzione. Provi pure a considerare un punto a sinistra della LM.

      • tina ha detto:

        Grazie mille professore per la disponibilità e la pazienza che ci sta dimostrando.
        Proverò a fare qualche esercizio sulla base delle sue indicazioni.
        Ancora mille grazie

      • Tina ha detto:

        Penso di aver capito…provo ad analizzare l’altra ipotesi
        Se invece, ci troviamo su un punto esterno,a sinistra della LM,noterò un eccesso di offerta di moneta sulla domanda di moneta. Perché, siccome la domenda di moneta transattiva è funzione del reddito,un minor livello di reddito genera una minor domanda di moneta a scopo transattivo.
        Quindi, se voglio ritornare sulla LM,in modo che l’offerta di moneta sia uguale alla domanda di moneta, dovrò muovermi orizzontalmente,aumentando il reddito,ovviamenete mantenendo r costante.
        Giusto?
        Grazie

  112. tina ha detto:

    Volevo precisare che mi sto riferendo al Mercato della moneta senza intervento dello stato e senza rapporti con l’estero

  113. Daniela ha detto:

    Professore non ho capito bene la legge di Okun, potrei avere delucidazioni al riguardo??

    La ringrazio

  114. Daniela ha detto:

    in modo particolare la curva di offerta aggregata ke si basa su il rovesciamento della curva di okun.grazie mille

  115. Maria Grazia ha detto:

    Salve prof. , vorrei rivolgerle un quesito riguardante il deficit della bilancia dei pagamenti . Non riesco a capire in che modo la svalutazione della moneta , pur rendendo più poveri i cittadini e pur rendendo le merci estere più care , possa essere un rimedio per tale deficit. Se vorrà fornirmi delucidazioni , magari spiegando anche l’effetto J a cui Jossa accenna , vivamente ringrazio.

  116. ester ha detto:

    gentile professore dal libro nn riesco a capire la correzione di pasinetti sulla funzione del risparmio può darmi dei chiarimenti?grazie

  117. michele ha detto:

    scusate professore sono uno studente che ha già sostenuto l’esame di economia politica e avendo visto un documentario( http://www.youtube.com/watch?v=DcOm9OuAvd4&feature=player_embedded#at=109) volevo sapere da una persona autorevole come lei se il fenomeno del signoraggio bancario è un fenomeno per cosi dire reale oppure è una tesi complottista di poco conto……….inoltre volevo sapere se il documentario in questione(il cui indirizzo è in parentesi) secondo lei è attendibile.La ringrazio anticipatamente.

    • Carlo Panico ha detto:

      Caro signor Michele,
      se il documento a cui si riferisce è quello proposto da un suo collega in questo blog il giorno 29 gennaio, mi limito a indirizzarla alla risposta che diedi in quella occasione (vedi sopra 29 gennaio) e a invitarla a leggere il saggio sull’indipendenza delle banche centrali che è stato inserito il blogmaster ha cortesemente inserito in questo blog. Se si riferisce a un altro documentario, le risponderò quando lo avrò visto. Il signoraggio esiste. Si tratta di vedere come è usato. Le banche centrali, d’altra parte svolgono una funzione di importanza primaria per le economie e la società e non si può trattare il problema dell’indipendenza delle banche centrali e del signoraggio in maniera superficiale. Purtroppo la superficiliatà, intesa come fare affermazioni o trarre conclusioni senza avere una approfondita conoscenza dei complessi problemi che si van trattando, è una diffusa cattiva abitudine, specie in una società dove è importante essere al centro dell’attenzione dei mezzi di comunicazione.
      Cordiali saluti
      Carlo Panico

    • Carlo Panico ha detto:

      Gentile signor Michele,
      ho visto metà del documentario. Durante le lezioni del corso di Economia Politica, quest’anno, come negli anni precedenti, mi sono a lungo soffermato sopra la creazione della base monetaria e dell’offerta di moneta, ovvero su come la moneta viene messa in circolazione e ne esce. Secondo i suoi colleghi presenti alle lezioni il contenuto delle stesse è stato sufficientemente chiaro per comprendere attravero quali meccanismi e regole queste cose avvengono. Non so se ha avuto modo di essere presente alle lezioni. In caso positivo avrebbe dovuto rendersi conto che molte cose che la prima parte del documentario dice sono imprecise.
      Quanto al tema dell’indipendenza della banca centrale, a cui appartiene anche il tema della proprietà della stessa, la rimando nuovamente alla risposta data al suo collega il giorno 29 gennaio.
      Se vuole ancora discutere di queste cose possiamo trovare il modo di farlo attraverso degli incontri o dei seminari.
      Mi faccia sapere

  118. tina ha detto:

    Domanda: Cosa può provocare degli squilibri nei movimenti di capitale della bilancia dei pagamenti?

    In una delle risposte date, ho letto che una delle cause è l’aumento del differenziale tra i tassi di interesse nazionali e quelli internazionali.

    Io invece,avrei risposto che la causa dello squilibrio è data da una decisione discrezionale delle autorità monetarie che hanno aumentato l’offerta di moneta.
    Questo aumento della base monetaria in circolazione, ha determinato una riduzione del tasso di interesse e di conseguenza uno spostamento di capitali dal nostro paese verso altri paesi. Questo perché, chi investe ha interesse a guadagnare di più, quindi andrà a investire là dove il tasso di interesse è più alto.
    Conseguenza: squilibrio della bilancia dei pagamenti nella sezione dei movimenti di capitale
    E’ giusta la mia risposta?
    Grazie

    • Carlo Panico ha detto:

      La sua risposta è corretta, ma anche l’altra lo può essere. In ultima analisi lei sta dicendo che l’aumento dell’offerta di moneta fa diminuire il tasso d’interesse nazionale e quindi fa aumentare il differenziale tra i tassi di interesse nazionali e quelli internazionali.
      Buon lavoro

  119. elvira ha detto:

    Gentile Prof.Panico,dovrei sostenere l’esame di economia politica a marzo ma sono piuttosto scoraggiata per le difficoltà che mi si presentano nella comprensione del testo…per ora sto studiando micro e vorrei,se è possibile, dei chiarimenti circa le curve di domanda dei fattori…dopo il primo passaggio(..il prezzo di un fattore è uguale alla sua PM moltiplicata per il prezzo del bene prodotto)mi perdo.Attendo chiarimenti in attesa di venire personalmente in dipartimento.grazie 1000

    • Carlo Panico ha detto:

      Gentile signorina,
      il primo passaggio dovrebbe servirle a comprendere che se un fattore (ad esempio, il lavoro) ha un certo prezzo (ad esempio il livello w0 per il salario misurato in termini reali) la quantità di lavoro domandata dai produttori sarà quella la cui produttività marginale è uguale a w0 (ad esempio sarà uguale a N0). Se il prezzo del lavoro cambia e diventa w1, la quantità di lavoro domandata sarà quella la cui produttività marginale è uguale a w1 (ad esempio, sarà uguale a N1). Quindi ad ogni valore assunto dal saggio di salario, misurato in termini reali, potrà associare la corrispondente quantità di lavoro domandata, vale a dire quella la cui produttività marginale sarà uguale a quel saggio di salario.
      Può ripetere lo stesso ragionamento per gli altri fattori prodittivi. Ad ogni livello dei loro saggi di remunerazione può associare una quantità di fattore la cui produttività marginale sarà uguale a quel saggio di remunerazione.
      Spero che quanto sopra la aiuti. In caso contrario, scriva di nuovo o si faccia seguire sistematicamente in dipartimento nel corso della sua preparazione dal dott. Filoso (riceve il mercoledì mattina) o dal dott. Purificato (riceve il giovedì mattina) o dalla dott. Astarita (riceve il giovedì mattina).
      Cordiali saluti

  120. elvira ha detto:

    Grazie Prof,ho rivisto l’argomento e mi è sembrato piu semplice dopo la sua spiegazione e grazie1000 anche per gli orari di ricevimento dei suoi collaboratori.cordiali saluti.

  121. simone ha detto:

    egregio professore,
    in maniera errata in libreria mi avevano consigliato di studiare sul testo di microeconomia elementare di jossa.
    Ad oggi ho terminato il testo ed ho letto dell’ inutilizzabilita’ dello stesso in sede d’esame.
    ho provveduto ad acquistare il nuovo testo di microeconomia come da guida dello studente ma non vorrei gettare al vento cio’ che ho fatto fin ora cosa mi consiglia di fare?
    grazie per la risposta

  122. Giulio Sorrentino ha detto:

    che dite prof condividiamo?

  123. alessia ha detto:

    Gentile Prof.Panico ,volevo chiederle se gentilmente poteva spiegarmi il fenomeno dell’aumento della propensione al risparmio sulla curva di domanda aggregata! Grazie in anticipo!

    • carlo panico ha detto:

      Gentile signorina Alessia,
      innanzitutto mi permetta di farle notare che la precisione e accuratezza nell’uso del linguaggio è cruciale per la sua formazione e la comprensione degli argomenti studiati.
      Si può spiegare un fenomeno, lo si può solo descrivere?
      In realtà quello che sta chiedendo è di illustrare gli effetti di una variazione della propensione al risparmio sulla posizione della curva di domanda aggregata.
      La risposta a questa domanda la può ricostruire seguendo le seguenti indicazioni.
      Prima risponda alla domanda “in che modo una variazione della propensione al risparmio incida sulla posizione delle curve IS e LM in un grafico?”
      Poi, ricordando come la curva di domanda aggregata si ricava dalle curve IS e LM può facilmente derivare queli sono gli effetti di una variazione della propensione al risparmio sulla curva di domanda aggregata.
      Se non segue questo percorso, difficilmente potrà giungere alla risposta corretta.
      Buon lavoro

  124. elvira ha detto:

    Gentile.Prof.Panico,
    vorrei,se è possibile,un suo parere circa ciò che ho capito sulla “efficienza marginale del capitale”:…partiamo del presupposto che Keynes considera gli investimenti come autonomi…tuttavia sia Keynes che i neoclassici ritenevano che gli investimenti dipendono dal tasso di interesse,cioè quanto piu il tasso di interesse è basso…tanto piu converrà agli imprenditori investire(gli investimenti aumentano quanto piu il tasso sarà basso)…se io compro un bene capitale oggi…cioè investo i miei risparmi..tale bene capitale da me comprato..in futuro mi darà dei rendimenti o incassi(Q)..e delle spese(Z) nel corso di”n”anni…da qui segue:(Q-Z/l+r…..1,2,3+n)…L’idea di Keynes è che un investimento si effettua quando il suo valore attuale è maggiore del suo costo e cioè spiegando meglio quando l’investimento in se vale piu del costo che io devo sostenre per effettuare l’investimento stesso.Tale spesa che si sostiene per fare l’investimento è chiamata”EFFICIENZA MARGINALE DEL CAPITALE”(????difficoltà???).
    Se volessimo rappresentare graficamente la relazione fra tasso di interesse ed investimento…sull’asse delle ordinate mettiamo “r”(tasso) e sulle ascisse”I”investimento…e verrà una curva decrescente da sinistra verso destra..ed ancora una volta verrebbe spiegato che all’aumentare del tasso di interesse..calano gli investimenti.che ne pensa di questa mia magra spiegazione?
    *prof ho difficolta sulla relazione fra produttività e scarsità di capitale…può aiutarmi gentilmente?
    LA RINGRAZIO 1000 VOLTE cordiali saluti

    • carlo panico ha detto:

      Gentile signorina Elvira,
      inizia bene poi si perde.
      La sua frase, che qui di seguito riporto, usa un linguaggio molto approssimato:
      “L’idea di Keynes è che un investimento si effettua quando il suo valore attuale è maggiore del suo costo e cioè spiegando meglio quando l’investimento in se vale piu del costo che io devo sostenre per effettuare l’investimento stesso.Tale spesa che si sostiene per fare l’investimento è chiamata”EFFICIENZA MARGINALE DEL CAPITALE”(????difficoltà???).”
      Provi a riconsiderare quello che ha scritto. “Il suo valore attuale è maggiore del suo costo” (il valore attuale di cosa? Provi a spiegarlo con un esempio concreto e veda se ha senso e se riesce con questo esempio a illustrare chiaramente quello che ha compreso a una persona che non ha studiato economia. Il costo di cosa? A quale costo si sta riferendo? Anche qui si aiuti con un esempio concreto. Queste sono nozioni che hanno un contenuto pratico e operativo. Riesce a utilizzarle? Forse se riascolta la registrazione della lezione dove l’efficiaenza marginale del capitale veniva trattata, riesce a ricostruire il significato concreto di queste nozioni).
      “l’investimento in se vale piu del costo che io devo sostenre per effettuare l’investimento stesso” (cosa vuole dire concretamente? A me risulta incomprensibile. Se riesce a dare un significato concreto a queste nozioni, seguendo il consiglio sopra dato, forse scrive questa frase in forma comprensibile).
      “Tale spesa che si sostiene per fare l’investimento è chiamata”EFFICIENZA MARGINALE DEL CAPITALE” (Attenzione! l’efficienza marginale del capitale, come dice con chiarezza il libro di testo, è un saggio di sconto (o di rendimento), non una spesa).
      Mi fermo qui perchè ce ne è abbastanza per tornare indietro nella lettura del testo e nella riflessione sulle nozioni di base.
      Buon lavoro seguendo i consigli sopra riportati

  125. viviana ha detto:

    Gentile professore,
    proprio ieri parlando con degli amici-colleghi di studio cercavamo ,nel nostro piccolo e alla base anche di quanto appreso a lezione, di confrontarci per capire cosa comportasse sull’economia mondiale la triste tragedia che sta colpendo il Giappone.
    Sarebbe interessante affrontare queste tematiche in aula, con dei seminari ah hoc ,visto la difficoltà e l’intreccio delle situazioni coinvolte ma se questo non fosse possibile potrebbe indicarci dei siti o dei giornali dai quali apprendere queste notizie in maniera chiara e non faziosa?
    grazie come sempre della sua disponibilità e anche di averci dato ,attraverso le sue lezioni, l’input per cominciare a vedere le cose in maniera piu’ critica…

    • viviana ha detto:

      ps: era ad hoc

    • carlo panico ha detto:

      Gentile signorina Viviana,
      non sono a conoscenza di siti dove si affrontano i problemi che pone in forma sistematica.
      Provate a riflettere sulle informazioni che si diffondono giorno dopo giorno usando le nozioni che avete apprese durante il corso.
      I giornali hanno detto che la borsa di Tokio è caduta del 12% in un giorno. Quali possono essere le ragioni di questo crollo?
      Si parla ora anche di danni superiori a 100 miliardi di dollari. Come potrà il Giappone e il suo governo finanziare le spese per una ricostruzione di queste dimensioni? Cosa succederà al bilancio dello Stato nei prossimi anni? Quali problemi possono sorgere in un contesto di liberalizzazione finanziaria? Quale è il grado di integrazioen finanziaria del Giappone? Quale è il suo debito pubblico attuale? (le anticipo che è tra i più alti del mondo). Come ha potuto il Giappone non avere problemi con le dimensioni attuali del suo debito pubblico? Avrà la possibilità di aumentarlo? Cosa potrà fare per evitare che la sospensione della produzione di alcune imprese non le danneggi in termini di perdita di clienti (specie negli altri paesi)? Ricostruire vuole dire aumentare la domanda di beni e servizi. Quale potrà essere l’effetto della ricostruzione sul PIL del paese, se il Giappone riuscisse a trovare le risorse finanziare per una ricostruzione guidata dal settore pubblico?
      Come vede ci sono già molte domande a cui può tentare di rispondere o può iniziare a discutere o a porre ad amici ed esperti.
      La ringrazio per avere posto tali problemi in questo blog.
      Cordiali saluti

      • viviana ha detto:

        Grazie professore!!!
        Mi interroghero’ personalmente su ognuna di queste domande .. sarà un ottimo spunto per confrontare le risposte con quelle degli altri ragazzi con cui spesso ci troviamo a confrontarci su questi argomenti da quando abbiamo seguito le lezioni e studiamo questa materia…

  126. Alessia ha detto:

    Gentile prof.Panico potrebbe gentilmente aiutarmi a comprendere meglio la legge dei rendimenti decrescenti e spiegarmi quali sono le condizioni necessarie per la sua validità.
    In attesa di una sua cordiale risposta
    invio saluti

    • Alessia ha detto:

      Gentile Prof le risegnalo la mia domanda aspettando una sua risposta grazie in anticipo

      • Carlo Panico ha detto:

        Applicata al contesto della produzione l’assunzione dei rendimenti marginali decrescenti afferma che se aumentiamo l’impiego di un input (o fattore) di produzione, fermo restando l’impiego di tutti gli altri input o (fattori), il prodotto aumenta ma in misura via via minore. Se siamo in un mondo dove esiste una sola merce, sia la variazione della produzione che le quantità impiegate dei fattori possono essere misurate in termini fisici (ossia in termini di numero di pezzi prodotti o impiegati, loro peso, loro volume, etc.), senza dovere usare i prezzi di produzione dei beni per la loro misurazione. Se siamo in un mondo dove viene prodotto più di un bene, la misurazione del prodotto marginale richiede l’uso dei prezzi di produzione e i mutamenti nei prezzi dei beni prodotti e impiegati come input possono contraddizione l’assunzione della decrescenza dei rendimenti marginali. In un’economia dove si produce un solo bene quindi non ci sono difficoltà a inserire questa assunzione; negli altri casi ci possono essere difficoltà.

  127. sabrina buccieri ha detto:

    Gentile Prof Panico ,puo’ spiegarmi meglio cosa sono i prestiti compensativi ??grazie in anticipo .

  128. Carlo Panico ha detto:

    Gentile signorina,
    credo che il libro di testo definisca con chiarezza cosa sono i prestiti compensativi. Se mi sbaglio, mi faccia sapere. In caso contrario, perchè non prova a scrivere lei la risposta e ne riparliamo?
    Cordiali saluti
    Carlo Panico

  129. viviana ha detto:

    s.o.s please!!!!

    non ho capito perchè se diciamo che la curva del costo marginale a seconda delle assunzioni che facciamo ha un primo tratto orizzontale(se assumiamo che cv varia in maniera strettam proporzionale alla q) oppure decrescente(se assumiamo che cv varia in maniera meno che prop rispetto a q) e poi pero’ quando andiamo a mettere a confronto la curva del costo marginale con quella del costo medio la disegnamo nel primo tratto(quello che si trova soltto la curva del costo unitario) con un primo tratto rescente,cioè nè orizzontale nè decrescente…. perchè???
    grazieeee

  130. valentina ha detto:

    professore che ne pensa di consigliarci qualce lettura che ci faccia capire la situazione economica e finanziaria di oggi??
    sarebbe bello poi avere un sito o una pagina dove poterci confrontare , scambiarci link ,informazioni e commenti sull’attualità,insomma domande e scambi non solo sul programma dell’esame..immagino sia troppo impegnativo per lei..pero’ sono sicura che saremmo in tanti ad esserci !!

    • Carlo Panico ha detto:

      Gentile signorina Valentina,
      moltissime grazie per il messaggio e l’invito a discutere.
      Ci faccia pensare e vedremo cosa si può fare
      Cordiali saluti
      Carlo Panico

  131. luca ha detto:

    Salve,sono passato dalla cattedra del prof. Papagni a quella del prof. Panico, mi chiedevo se per lo studio della microeconomia potesse essere utilizzato il testo sloman-garrat.

    grazie

  132. viviana ha detto:

    Prof. , da quando ho seguito il corso e fatto l’ esame ho preso l’ abitudine di leggere “il sole24 ore” …mi sono addentrata in un mondo tanto sconosciuto quanto interessante…

  133. Angela Perfetto ha detto:

    non ho ben capito la correzione di pasinetti al modello kaldoriano..potreste aiutarmi?? grazie!

  134. chiara ha detto:

    per chi viene dalla cattedra del prof. papagni il programma è lo stesso?

  135. antonio ha detto:

    salve
    sono nella cattedra del prof. Zagari
    ho letto nella nuova guida studenti che il prof. Panico prendera’ la cattedra di Zagari

    vorrei sapere se (e fino a quando) si potra’ portare il programma di Zagari anche con il prof. Panico
    per es. a novembre si potranno portare di nuovo i due libri di Zagari o bisognera’ portare il programma di Panico?

    grazie

  136. alessia ha detto:

    Gentile Prof.Panico ,cercavo da lei un chiarimento circa la legge di say nella versione neoclassica .Provo a darle una risposta :La legge di Say per i neoclassici vale solo se le variazioni di “r” portano in equilibrio risparmio ed investimento .Per i neoclassici il risparmio varia nella stessa direzione del tasso d’interesse .Maggiore è il saggio d’interesse maggiore sara’ il “premio” per il risparmio effettuato-s=s(r)-,gli investimenti invece ,variano nella direzione opposta al saggio d’interesse -I=I(r).Le forze di mercato che riportano in equilibrio il mercato economico sono risparmio ed investimento ,in quanto la condizione di equilibrio in un’economia senza intervento dello stato e senza settore pubblico puo’ essere scritta I=S. E’ giusta la mia risposta o c’è qualcosa nella risposta che non va ?

    • Carlo Panico ha detto:

      Purtroppo la risposta è molto disordinata. Provi a riscrivere seguendo le procedure descritte durante il corso che riporto qui di seguito:

      Per valutare come la scuola neoclassica possa dare forza analitica all’affermazione che le variazioni del saggio d’interesse riportano in equilibrio le decisioni di risparmio e quelle d’investimento, descrivo qui di seguito quali procedure gli economisti seguono per costruire una teorie o elaborare analiticamente una certa posizione. La descrizione si riferisce alle costruzioni teoriche che usano il metodo delle posizioni d’equilibrio e non pretende di esaurire la trattazione di questo complesso problema epistemologico: essa ha valore introduttivo, ideato per il lettore che si avvicina a questi temi.

      Le procedure possono essere descritte identificando sei passi. Il primo è l’identificazione dell’affermazione cui si vuole dare forza analitica. (Nel caso della versione neoclassica della legge di Say, l’affermazione é: “le variazioni del saggio d’interesse riportano in equilibrio le decisioni di risparmio e quelle d’investimento”.)

      Il secondo passo è l’identificazione della condizione di equilibrio da usare. Essa è presentata nella forma di un’equazione che contiene le variabili che giocano un ruolo rilevante nell’analisi. L’equazione di equilibrio è ricavata dalle identità contabili (ad esempio, da quelle della contabilità nazionale) e riassume le caratteristiche principali del sistema economico considerato. (Nel caso della versione neoclassica della legge di Say qui esaminato, l’equazione di equilibrio è S=I.)

      Il terzo passo è la specificazione delle assunzioni di comportamento per le variabili che compaiono nell’equazione di equilibrio. Tali assunzioni, che selezionano i fattori che influenzano le variazioni di queste variabili, sono presentate per mezzo di equazioni, dette di comportamento. L’equazione di equilibrio e quelle di comportamento formano un sistema di equazioni che rappresenta il punto di partenza delle elaborazioni formali. (Specifichi le equazioni)

      Il quarto passo consiste nel contare il numero delle equazioni e quello delle incognite. La loro uguaglianza consente di procedere con i passi successivi. Se essa non sussiste il modello non è ancora ben specificato e va ulteriormente integrato. (Conti le equazioni e le incognite)

      Con il quinto passo iniziano le elaborazioni formali esaminando il problema dell’esistenza di soluzioni. Un sistema di equazioni simultanee può ammettere soluzioni nell’insieme dei valori considerati accettabili (ad esempio, i valori non negativi delle quantità prodotte dei beni). Se le soluzioni non esistono, non possiamo usare il modello per dare forza analitica all’affermazione proposta. L’esistenza di una o più soluzioni con valori accettabili è necessaria per il buon esito dell’elaborazione teorica. (Illustri il grafico dove si assume che c’è una soluzione d’equilibrio nel caso considerato)

      Sesto e ultimo passo è la verifica delle caratteristiche delle soluzioni d’equilibrio. Si deve verificare che esse possono essere considerate “stabili”, ossia se si può affermare con un’analisi formale che se il sistema dovesse trovarsi in una posizione diversa da quelle di equilibrio, si mettono in moto forze che lì lo riportano. Questa parte dell’elaborazione è essenziale per valutare il funzionamento del sistema economico. L’esistenza di soluzioni di equilibrio non basta. Per valutare il funzionamento del sistema dobbiamo anche esaminare il suo movimento o la sua dinamica, ossia la capacità delle forze che lo influenzano di ricondurlo verso i punti di equilibrio. (Illustri il grafico dove si cerca di argomentare che la soluzione di equilibrio individuata nel quinto passo può essere considerata come “stabile”).

      Ci riprovi e mi faccia sapere.

      Carlo Panico

  137. Giovanna ha detto:

    E’ corretto dire che l’efficienza marginale del capitale rappresenta quel tasso di sconto che rende uguale il valore attuale dei rendimenti futuri attesi al prezzo di offerta dell’investimento?

  138. angela ha detto:

    Buona sera a tutti!!Studiando la bilancia dei pagamenti non sono riuscita a comprendere bene cosa sono i prestiti compensativi.Mi è parso di intuire che questi si distinguono dai prestiti volontari a lunga e breve durata perchè vengono chiesti in quei momenti in cui la bilancia dei pagamenti è in deficit e quindi è necessario chiedere prestiti ad altri governi per evitare di utilizzare le riserve ufficiale di un paese…ma non sono molto convinta!E poi vorrei qualche esempio concreto per capire cosa potrebbe essere registrato nella prima voce della seconda parte della bilancia e cioè “conto capitale”…Qualcuno mi darebbe una mano??!! 🙂 grazie!

  139. Carlo Panico ha detto:

    i prestiti compensativi sono quelli che sono concessi da altri governi o da organizzazioni internazionali per consentire a un paese in difficoltà nei conti con l’estero di esaurire le riserve ufficiali. Il Fondo Monetario Internazionale concede molti di questi prestiti compensativi.
    Quanto alla ‘prima voce della seconda parte della bilancia e cioé “conto capitale” ‘, sto citando quello che lei scrive, potrebbe per favore essere più puntuale nel formulare la domanda?
    Cordiali saluti
    Carlo Panico

  140. Giovanna ha detto:

    Gentile Professore, ho un dubbio circa la teroia del consumo di Duesenberry. Analizzando i due enunciati keynesiani (quando il reddito varia il consumo varia nella stessa direzione ma non quanto il reddito; quando il reddito varia il consumo varia nella stessa direzione ma in misura meno che proporzionale) perchè Duesenberry nella sua analisi di lungo periodo conferma solo il primo dei due enunciati?

  141. Carlo Panico ha detto:

    Perchè nell’analisi di lungo periodo il consumo aumenta rispetto al reddito in misura proporzionale (la retta parte dall’origine degli assi). La propensione marginale è uguale a quella media e non minore come richiede il secondo enunciato (in misura meno che proporzionale)

    • Giovanna ha detto:

      Grazie professore. Inoltre, è corretto impostare la risposta alla domanda “definisci il prodotto netto valutato ai prezzi di mercato” in quest modo: esso è la somma del prodotto di ciascuna quantità di beni e servizi finali per il rispettivo prezzo (prodotto lordo) meno gli ammortamenti (somme accantonate ogni anno dall’imprenditore per ricostituire il valore del capitale – macchinari, impianti – impiegato)?

  142. sophia ha detto:

    Gentile professore saprebbe spiegarmi meglio cosa si intende per “meccanismo di trasmissione degli impulsi monetari alla parte reale dell’economia”?? grazie mille!

    • Carlo Panico ha detto:

      Il mecanismo può essere descritto attraverso gli impulsi che genera un cambiamento nella parte monetaria dell’economia, ad esempio nell’offerta di moneta. Se Ms aumenta, per esempio, il saggio d’interesse tende a diminuire. Se il saggio d’interesse dimuniusce, l’investimento potrebbe aumentare, e se questo succede il reddito prodotto e distribuito tende ad aumentare. L’opposto può succedere se l’offerta di moneta diminuisce.

  143. sophia ha detto:

    C’è una cosa che non riesco proprio a capire …..Come è possibile eliminare l’effetto spiazzamento facendo uso della politica monetaria?? ho letto anche dal libro il capitolo inerente a quest’argomento ma comunque non riesco a capirlo!!! Chi saprebbe aiutarmi ? grazie mille a tutti!!!

    • Valerio Filoso ha detto:

      Molto semplicemente, una politica monetaria espansiva può contribuire a mantenere basso il tasso d’interesse nonostante la pressione verso l’alto originata da una politica fiscale espansiva. Nell’ambito del modello IS-LM può visualizzare questa possibilità traslando verso destra la curva LM in modo da stabilizzare il tasso d’interesse al livello desiderato.

  144. sophia ha detto:

    Ringrazio di cuore il dott.Panico e il dott.Filoso per le loro delucidazioni a riguardo.

  145. carla ha detto:

    Chi mi saprebbe spiegare quali sono i motivi di traslazione della curva lm e della curva is?? grazie mille!!!

  146. Valerio Filoso ha detto:

    Può trovare la risposta a questa domanda nella dispensa sul modello IS-LM che trova su questo stesso blog, all’indirizzo https://econpolgiur.wordpress.com/info/

  147. Giovanna ha detto:

    La versione classica della legge di Say parte dall’assunzione che la società è suddivisa in tre classi sociali (aristocrazia, borghesia e lavoratori), dal rapporto che queste hanno con la connessione produzione-reddito-spesa fino alla rivoluzione industriale dal cui benessere scaturirà una versione neoclassica della stessa legge?

    • Carlo Panico ha detto:

      Dovrebbe chiarire cosa intende con “fino alla rivoluzione industriale dal cui benessere scaturirà una versione neoclassica della stessa legge”. In che periodo storico colloca la rivoluzione industriale? Ha chiaro che la nascita della scuola neoclassica viene collocata dopo il 1870? Cosa intende per “benessere della rivoluzione industriale”? Il benessere è delle persone, dei cittadini. Può provare benessere una rivoluzione? Provi a soffermarsi sul significato delle cose che dice o scrive. L’analisi del linguaggio che utilizza è fondamentale per la formazione sua e di tutti i suoi colleghi.

  148. Giovanna ha detto:

    Grazie professore per le sue delucidazioni. Ora provo a definire la legge di Say secondo gli autori classici: essi assunsero che la società era suddivisa in tre classi, aristocrazia, borghesia capitalistica e lavoratori. La borghesia organizza la produzione, impiega lavoratori, impiega terre degli aristocratici, riceverà dalle vendite profitti e si preoccuperà di risparmiare e trasformare S in investimenti (è una classe in ascesa). I lavoratori offrono lavoro e percepiscono un salario sufficiente per le loro esigenze quotidiane e non potranno per questo risparmiare. L’aristocrazia riceve rendite dall’impiego che dà delle proprie terre e spenderà quanto guadagnato in beni di lusso. L’unica classe che risparmia è la borghesia capitalistica. Queste assunzioni permettono di concludere che la produzione trova uno sbocco sul mercato. I processi economici e sociali incidono sulle scelte delle classi in modo da rendere uguale il valore della produzione a quello della spessa, e ancora le decisioni di risparmio con quelle di investimento.
    Tra gli anni ’20 e ’30 del XIX secolo si ha in Inghilterra una rivoluzione finanziaria. Cosa successe che diede luogo a questa rivoluzione? C’era stato un forte aumento della produzione, un aumento del benessere della collettività, la formazione di una nuova classe media non capitalistica in grado di accumulare risparmi. Tutto questo mise in crisi l’assunzione che la borghesia era l’unica classe che potesse risparmiare. Si poneva, ora, il problema di come incanalare il risparmio verso i soggetti che necessitano di esso. 1830, il Parlamento inglese approva una legge che consente alle banche di costituirsi sottoforma di spa, inoltre istituì una camera di compensazione presso la banca d’Inghilterra dove ogni 15 giorni si riunivano le Big Five (le 5 importanti banche della City di Londra) per regolare le proprie transazioni. Con questa camera si forma il primo sistema di pagamento imperniato sulla banca di emissione (in Europa c’è il TARGET). Il sistema creditizio può canalizzare fondi verso chi ne necessita. Idea inglobata nella versione neoclassica della legge di Say. Questa assume che “le variazioni del tasso di interesse portano in equilibrio le decisioni di risparmio e le decisioni di investimento””. Partiamo dalla condizione di equilibrio S=I; assumiamo che S varia nella stessa direzione di r – S=f(r) oppure S=So+S1r – ; assumiamo che I varia in direzione opposta a r (I=I0-I1r). Disegno il grafico vedo cosa succede quando r si allontana dall’equilibrio: forze di mercato con le variazioni di r porteranno il sistema in equilibrio. Se modifico una delle due assunzioni (ad esempio assumo I=I0+I1r) non posso confermare che le variazioni di r portano in equilibrio le decisoni di S e di I. La differenza tra le due versioni: secondo la versione classica vi era una sola classe che risparmiava mentre per gli autori neoclassici non è più così e si pone il problema di canalizzare tali risorse.

  149. angela ha detto:

    Buonasera!Non riesco a capire quali potrebbero essere le cause che determinano gli squilibri nei movimenti di capitale della bilancia dei pagamenti!!!Chiedo scusa se per la seconda volta ripropongo una domanda sulla bilancia dei pagamenti…purtroppo è stata l’unica lezione che non ho seguito e quindi ho qualche dubbio!!!…Colgo l’occasione per ringraziare il professore per la risposta alla domanda di qualche giorno fa 🙂

    • Carlo Panico ha detto:

      Secondo una teoria della bilancia dei pagamenti, riportata nel capitolo 23, un aumento dell’offerta di moneta può ridurre il tasso d’interesse che prevale in un paese e rendere gli investimenti finanziari in quel paese meno appetibili rispetto a quelli che si fanno in altri paesi. Ne consegue un flusso di capitali in uscita da quel paese e uno squilibrio nella sezione dei movimenti di capitale (o nel conto capitale e finanziario) della bilancia dei pagamenti.

  150. Lorenza Pellone ha detto:

    Perchè si domanda moneta per guadagnare di più(speculare)?

    • Carlo Panico ha detto:

      perchè e conveniente guadagnare di più.
      Forse non ho compreso quale è la sua domanda.

      • Carlo Panico ha detto:

        Mi scusi, se vuole sapere perchè domandando moneta si può guadagnare di più che investendo in titoli dello Stato a lunga scadenza, la risposta è che i guadagni che si fanno investendo in attività finanziarie sono di due tipi. Il primo dipende dai livelli del saggio di interesse su quelle attività. Il secondo dipende dalle variazioni del prezzo di mercato di quelle attività finanziarie e, quindi, dalle variazioni dei saggi di interesse. Se prevediamo che il prezzo delle obbligazioni a lungo termine diminuisca, perchè prevediamo che il loro saggio di interesse aumenti, guadagnamo di più se vendiamo quel titolo subito e poi lo ricompriamo quando la riduzione del suo prezzo (cioè l’aumento del suo tasso d’interesse) si è verificata (se questo succede).
        Era questo che voleva sapere?

  151. Gianluca ha detto:

    Buonasera! La teoria neoclassica nel dire che il saggio di interesse misura la scarsità del capitale parte dall’assunzione che al crescere dell’investimento aumenta il tasso di interesse, al crescere del risparmio il tasso di interesse diminuisce. Risulta però in contraddizione con quanto detto nella legge di say, anche secondo il grafico: la curva dell’investimento è decrescente (al diminuire le tasso di interesse maggiori saranno gli investimenti profittevoli), mentre la curva del risparmio è crescente (all’aumentare del saggio di interesse sarà maggiore la ricompensa al risparmio, quindi si rinuncia più volentieri al consumo).
    Non riesco a spiegarmi il motivo di questa contraddizione. C’è qualcosa che mi sfugge? Cosa non ho capito?
    Grazie

  152. Carlo Panico ha detto:

    Francamente non comprendo quello che scrive. Se assumiamo che in un’economia ci sono solo due fattori (capitale e lavoro), un indicatore della scarsità relativa del capitale è il rapporto K/L. Per poter sostenere che il saggio di remunerazione del capitale (cioé il saggio d’interesse) possa essere considerato anch’esso un indicatore della scarsità relativa di questo fattore, dobbiamo potere usare la produttività marginale del capitale come un indicatore equivalente al rapporto K/L. Questo è possibile se possiamo assumere che la relazione tra il prodotto marginale del capitale e il rapporto K/L è monotona (cioè se possiamo assumere che il prodotto marginale del capitale è decrescente al crescente del rapporto K/L.

  153. chiara ha detto:

    buongiorno!non ho molto chiaro il fenomeno dello spiazzamento..qualcuno potrebbe darmi una chiarificazione a riguardo??grazie in anticipo:-)

  154. Russo Gelsomina ha detto:

    Buongiorno a tutti !!! non mi è molto chiaro l’argomento sulla Bilancia dei Pagamenti, più precisamente le differenze tra la vecchia e la nuova versione e le relative suddivisioni delle sezioni e voci….grazie mille !!!

    • Carlo Panico ha detto:

      Dal 2000 il Fondo Monetario Internazionale ha proposto una nuova versione della bilancia dei pagamenti per tenere conto dei mutamenti che ci sono stati nei mercati finanziari internazionali e nelle relazioni economiche tra i diversi paesi.
      Può mettere a confronto le due versioni, quella presentata dal libro di testo e quella proposta nel saggio che ho messo a disposizione. Può vedere che molte cose sono simili, altre no. Se cerca di limitare la dimensione dei problemi cui trovare una soluzione forse riesce piano piano a comprendere l’argomento.
      Cordiali saluti
      Carlo Panico

  155. Giovanna ha detto:

    In riferimento alla curva di Phillips non mi è chiaro perchè il livello dei prezzi tende a ridursi quando aumenta la produttività. Grazie!

  156. Angela Pizzulo ha detto:

    mmm…Giovanna non credo sia esatto dire che è il livello dei prezzi a ridursi,ma più precisamente è la variazione dei prezzi,dunque il saggio di inflazione (p con il puntino sopra) a ridursi quando aumenta la produttività.Questo lo si può intuire dalla formula matematica : p(con il puntino sopra)=f(ut)-(p greco con il puntino sopra).Se ad esempio sostituisci dei valori via via crescenti alla produttività (p greco con il puntino sopra) potrai notare che a parità di f(ut),il saggio di inflazione si riduce.Questa è la spiegazione matematica.La spiegazione economica credo sia la seguente…ma non ne sono convinta al cento per cento -.-“:nel momento in cui aumenta la produttività in una economia,i produttori non hanno la necessità di aumentare i prezzi,non c’è dunque la necessità di “scaricare”sui prezzi,facendoli dunque aumentare,una produttività poco efficiente.In definitiva,quando la produttività è alta i prezzi aumentano poco,se i prezzi aumentano poco anche l’inflazione sarà contenuta.Spero di esserti stata utile e che il professore mi corregga se ho detto qualche inesattezza!!!Colgo l’occasione per fare anch’io una domanda!!!Professore non mi è molto chiaro il postulato della non sazietà,mi potrebbe dare un’aiuto???Grazie in anticipo!

    • Carlo Panico ha detto:

      Il postulato della non-sazietà ci dice che un individuo che aumenta il consumo di un bene, mantenendo fermo il consumo degli altri beni, vedrà sempre la sua utilità aumentata. Questo vuole dire che nei modelli analitici che introducono questo postulato l’utilità marginale di qualunque bene di consumo sarà sempre positiva per quell’individuo. In altre parole, un bene non diventa mai un male (come purtroppo a volte succede, se eccediamo nel suo consumo).
      Nelle analisi di equilibrio economico generale il postulato della non sazietà genera la decrescenza delle curve di indifferenza.

  157. chiara ha detto:

    nel 3 capitolo di macro c’è scritto che per Keynes risparmio ed investimento non sono portati in equilibrio dalle variazioni del tasso di interesse ma dal reddito. Nel capitolo successivo c’è scritto che per keynes gli investimenti dipendono, come per i neoclassici, dal tasso di interesse. Qualcuno può spiegarmi qst dilemma?grazie mille.

  158. laura ha detto:

    Cosa sono i risparmi d’impresa?grazie mille

    • Carlo Panico ha detto:

      I risparmi d’impresa sono quella parte dei profitti che gli amministratori delle società di capitale propongono di non distribuire ai soci dell’impresa, ma di trattenerli per finanziare future attività di investimento e sviluppo della stessa. Se l’assemblea dei soci approva la proposta degli amministratori, la parte dei profitti non distribuita ai soci sotto forma di dividendi resta nella disponibilità del’impresa e non arriva a fare parte della disponibilità del settore famiglie. Per questo motivo, quando si passa al calcolo del reddito disponibile alle famiglie, partendo dalla nozione di reddito nazionale, è necessario sottrarre al reddito nazionale stesso i risparmi d’impresa.

  159. laura ha detto:

    grazie mille della risposta Professore.Ora mi è tutto più chiaro.

  160. Andrea ha detto:

    Salve, vorrei sapere se è possibile preparare microeconomia dal testo di Sloman. grazie

  161. Mario ha detto:

    Buongiorno prof. Panico,
    volevo chiederle, non avendo potuto seguire il corso, se fosse previsto un ciclo di lezioni di economia politica nel II semestre

    Grazie

  162. chiara ha detto:

    aiuto: confronto tra monopolio e concorrenza perfetta! Grazie

    • Carlo Panico ha detto:

      Cosa vuole sapere precisamente. La sua domanda è troppo vaga e abbraccia buona parte del corso di microeconomia

      • chiara ha detto:

        Volevo sapere come impostare il discorso riguardo al parag 3.4 del 5 capitolo di micro. Grazie.

      • Carlo Panico ha detto:

        Mi perdoni, ma in questo momento non ho presente il contenuto del paragrafo 3.4 del capitolo 5. Potrebbe ricordarmelo, per favore?

  163. chiara ha detto:

    Premesso che nel 3 capitolo di macro c’è scritto che per Keynes risparmio ed investimento non sono portati in equilibrio dalle variazioni del tasso di interesse ma dal reddito. Nel capitolo successivo c’è scritto che per keynes gli investimenti dipendono, come per i neoclassici, dal tasso di interesse, PER KEYNES DA COSA DIPENDONO GLI INVESTIMENTI? SEMPLICEMENTE DALLE ASPETTATIVE DI LUNGO PERIODO? Vorrei risolvere qst dilemma,grazie

    • Carlo Panico ha detto:

      Ottima domanda. Nel libro di testo troverà due possibili risposte alla sua domanda. Ne trova due per la presenza di una certa indeterminatezza nella trattazione del problema da parte dello stesso Keynes nel suo libro “La Teoria Generale dell’Occupazione, Interesse e Moneta”.
      Da una parte, sia Keynes che alcuni keynesiani mettono in evidenza che la domanda di investimento ha una forte componente autonoma (per intenderci, quello che lei chiama “stato delle apettative di lungo periodo”). Tale componente autonoma può essere spiegata in termini psicologici (il libro di testo parla di “spiriti animali”), oppure in termini storico-istituzionali. In questo secondo caso si fa riferimento al fatto che le decisioni di investimento sono influenzate dall’esistenza di incertezza sui risultati futuri che si possono ottenere e al fatto che l’organizzazione sociale può acquietare le ansie che tale incertezza suscita negli investitori, inducendoli a realizzare progetti di investimento. (Quanto al termine “organizzazione sociale” può fare riferimento al modo in cui sono organizzati le relazioni industriali o tra datori di lavoro e lavoratori, al complesso di istituzioni pubbliche e forme di associazionismo che aiutano gli imprenditori quando hanno problemi, alla politica industriale e alle altre forme di intervento della politica economica a sostegno dei produttori)
      Da un’altra parte, troverà che la domanda di investimento per Keynes e i keynesiani è decrescente rispetto al tasso d’interesse, ma è poco elastica (cioé aumenta poco al diminuire del tasso d’interesse) per motivi legati all’incertezza di queste scelte.
      Quando l’investimento dipende dalle aspettative di lungo periodo, le variazioni del tasso d’interesse non riescono a portare in equilibrio le decisioni di risparmio e investimento ed è facile pensare che saranno le variazioni nel livello del reddito prodotto a svolgere questa funzione.
      Quando l’investimento è funzione inversa del tasso di interesse, può risultare che il tasso d’interesse che riequilibra queste due decisioni sia negativo e quindi non raggiungibile.
      Spero che questa esposizione (non semplice) la possa aiutare.
      Cordiali saluti

      • chiara ha detto:

        Avevo colto bene la conclusione, mi ha tolto il dubbio! La ringrazio infinitamente, buona serata.

  164. laura ha detto:

    Per i neoclassici cosa comporta un aumento del fattore produttivo lavoro sulla distribuzione del reddito?

    • Carlo Panico ha detto:

      Se aumenta il numero dei lavoratori, fermo restando la quantità disponibile degli altri fattori nell’economia, cosa succede alla produttivà marginale del lavoro? Aumenta, diminuisce o resta costante? Dalla risposta a questa domanda dipende l’effetto sulla distribuzione del reddito

  165. chiara ha detto:

    Salve, non mi è molto chiaro il discorso relativo all’equilibrio nel mercato del lavoro nell’interpretazione di keynes.grazie mille

  166. Roberta ha detto:

    Salve professore,vorrei alcune delucidazioni su cose che saranno sicuramente banali che purtroppo non riesco a spiegarmi…
    Perchè se la produttività marginale è maggiore,il costo marginale del bene prodotto è minore?e poi come mai la curva dei costi medi fissi è sempre decrescente?jossa scrive che è decrescente perchè “il rapporto tra costo fisso totale e quantità prodotta si riduce al crescere del denominatore” ma non ne capisco il significato..attendo una sua risposta..grazie

  167. Federica Pinto ha detto:

    Salve professore, volevo chiederle se è corretto impostare la risposta alla domanda “meccanismo di trasmissione degli impulsi monetari” in questo modo: un aumento dell’offerta di moneta provoca una riduzione del tasso d’interesse stimolando così gli investimenti e, di conseguenza, il reddito. Tale schema può essere raffinato tenendo conto della scuola delle scelte di portafoglio secondo cui la ricchezza detenuta da ciascun operatore è formata da un portafoglio di investimenti che includono attività liquide, titoli con diverse scadenze, beni reali etc. In tal modo è possibile superare la troppo rigida scelta fra moneta e titoli tipica del pensiero keynesiano, e tener conto che le decisioni degli operatori dipendono dalla loro ricchezza più che dal loro reddito e, infine, considerare l’intera struttura dei tassi d’interesse. Il modo di operare della politica monetaria viene dunque spiegato da questo schema teorico attraverso un progressivo aggiustamento dei portafogli degli operatori con conseguenti variazioni del prezzo dei titoli e quindi del loro rendimento.

    Vado fuori strada o sono sulla retta via?
    In attesa di una sua risposta, le porgo cordiali saluti.

  168. raffaele nunziata ha detto:

    Descrivete la condizione di equilibrio del mercato dei beni per il caso di un’economia chiusa agli scambi con l’estero e in assenza di attività dello stato.
    Questa domanda è tra quelle scritte in questo sito da rispondere in tre righe. Qual è la risposta sintetica adeguata? Raffaele

  169. Federica Pinto ha detto:

    In un’economia chiusa agli scambi con l’estero e senza intervento statale, la somma dei consumi e degli investimenti rappresenta la domanda di beni e sevizi, il cui valore è uguale a quello del reddito prodotto, che rappresenta anche il valore complessivo dell’offerta di beni e servizi nell’economia. PRODOTTO NETTO VALUTATO AL COSTO DEI FATTORI = REDDITO NETTO = CONSUMI + INVESTIMENTI = CONSUMI + RISPARMI

    • Carlo Panico ha detto:

      Può andare. La condizione di equilibrio del mercato dei beni in un’economia senza intervento pubblico e senza scambi con l’estero è offerta di beni uguale alla domanda di beni, che è equivalente a decisioni di risparmi = decisioni di investimento.

  170. Martina ha detto:

    Salve Professore.Mi appello alla sua disponibilità e a quella di chi,come me,ha intrapreso lo studio di quest’esame.Vorrei chiederLE (e chiedervi) una delucidazione relativa alla critica di Keynes alla teoria neoclassica ed in particolar modo alle motivazioni che l’economista inglese pose a fondamento della seguente affermazione:il risparmio e l’investimento sono poco sensibili alle variazioni del tasso di interesse.Premetto che ho compreso la ratio del principio della domanda effettiva e di tutte le argomentazioni che ne seguono ma mi sfugge il ragionamento (probabilmente banale) delle motivazioni per cui rifiuta di considerare il tasso d’interesse quale “elemento equilibratore” del risparmio e dell’investimento.Mi riferisco alle pagine 50\51 dell’edizione ampliata di Jossa.Nell’attesa di risposta,LE porgo i miei più cordiali saluti.

  171. Federica Pinto ha detto:

    Sicuramente la risposta del Professore ti sarà più utile ed esaustiva, ma intanto, molto umilmente, posso provare ad aiutarti io. Keynes criticò che la domanda e l’offerta sono portate in equilibrio dal tasso d’interesse perché quando le opportunità d’investimento sono poche e la propensione al risparmio è alta non c’è nessun valore del tasso d’interesse che possa far incontrare la domanda e l’offerta. Visto che non è il tasso d’interesse che porta in equilibrio la domanda e l’offerta, che cosa li porta in equilibrio?
    Confermando che la domanda e l’offerta sono in equilibrio quando S=I, che cosa succede se il risparmio è superiore all’ investimento? Se il risparmio è superiore all’ investimento vorrà dire che le famiglie preferiscono risparmiare piuttosto che consumare e ciò spiega perché parte della produzione rimane invenduta. Ma le imprese cominceranno a diminuire la produzione, riducendo il reddito distribuito. In tal modo la riduzione del risparmio porterà in equilibrio l’investimento con il risparmio che, in precedenza, era superiore.
    In conclusione: sono le variazioni del reddito che portano in equilibrio la domanda e l’offerta, mentre minima o addirittura assente è l’influenza del tasso di interesse.

  172. Martina ha detto:

    Ciao Federica,ti ringrazio per la tempestiva risposta.Approfitto nuovamente della tua disponibilità (e di quanti desiderano partecipare a questo confronto) per aver conferma del mio ragionamento in merito alla teoria neoclassica dell’occupazione.Provo a sintetizzarlo.
    La legge degli sbocchi,quale principale proposizione della macroeconomia tradizionale (id est macroeconomia pre-keynesiana),afferma che ogni offerta genera una domanda di importo equivalente.Gli imprenditori,dunque,consapevoli del fatto che in un sistema capitalistico ci sarà sempre una domanda che soddisfa l’offerta,tenteranno di spingere al massimo la produzione in quanto più producono,più guadagnano.Se si assume che un’impresa operi nel breve periodo e che la produzione dipenda da due soli fattori di produzione (capitale-escluso quello circolante-e lavoro),si deve supporre dato il capitale (in quanto nel breve periodo almeno uno dei fattori di produzione deve essere fisso);pertanto si scriva X= f (N) ossia la produzione dipende dall’occupazione.Quindi la massima produzione possibile sarà quella che garantisce la piena occupazione,impiegando tutta la forza lavoro disponibile.Pertanto i neoclassici affermano che il capitalismo lasciato a se stesso conduce alla piena occupazione.Graficamente la funzione della produzione globale è rappresentata da una curva che,muovendo dall’origine degli assi cartesiani,assume un andamento inizialmente crescente (in quanto la produzione aumenta all’aumentare dell’occupazione) e successivamente (assume) un andamento concavo verso il basso in quanto la produzione crescerà sempre meno rapidamente (la relazione di causa ad effetto tra occupazione e produzione è infatti influenzata dalla legge dei rendimenti decrescenti).Le imprese,dunque, continueranno ad assumere lavoratori fin quando la produttività marginale degli stessi,moltiplicata per il prezzo della merce in più prodotta,sarà maggiore e\o uguale al salario che deve essere corrisposto loro quale prestazione corrispettiva.Si scriva,dunque, PMGL p=w. Concludendo,lo Stato (nell’esperienza economia neoclassica), non interviene nelle scelte politiche ed economiche in quanto la produzione massima possibile è determinata dal livello di piena occupazione e la spesa pubblica non servirebbe a creare nuova occupazione.Sei d’accordo?

  173. fabiana ha detto:

    volevo chiederle un chiarimento circa la risposta alla domanda cosa vuol dire nella teoria keynesiana della sintesi il mercato del lavoro gioca un ruolo passivo nel determinare il livello di occupazione dell’ ecoomia? grazie in anticipo per la sua attenzione

  174. Antonia ha detto:

    se si stampa carta moneta ma nn cresce il prodotto si ha l’aumento dei prezzi e perdita di valore della moneta. Studia il meccanismo presente nell’economia di oggi!! come pox rispondere??? aiutatemi

  175. Luisa ha detto:

    perchè vengono introdotti i ritardi nella Teoria dell’acceleratore?

    • angelo ha detto:

      Non c è ragione di credere che tutto l’aumento di capacità produttiva richiesto dall’aumento della produzione sia realizzato in un unico periodo, sia perchè la progettazione degli investimenti richiede del tempo, sia perchè i dirigenti delle imprese vogliono spesso essere sicuri che l’aumento di domanda sia durevole prima di realizzare gli investimenti che progettano.

  176. angelo ha detto:

    volevo porre tale quesito:che relazione c’è tra propensione media e propensione marginale al consumo, se la funzione che collega il consumo al reddito è lineare e il consumo autonomo è zero ?

    • lawandeconomics ha detto:

      In questo caso particolare, la propensione marginale al consumo e quella media coincidono. Si può anche dimostrare che ogni funzione del consumo che abbia la propensione marginale uguale a quella media è lineare.

  177. Carlo ha detto:

    professore non ho capito la relazione esistente tra il reddito prodotto e la quantita di moneta in circolazione sia per i monetaristi sia per i keynesiani
    grazie mille

  178. angelo ha detto:

    Buongiorno, volevo chiedere se è possibile avere un chiarimento sulla massimizzazione dei profitti, nello specifico : perché il livello più vantaggioso di produzione per un impresa concorrenziale è quello al quale il costo marginale risulta uguale al prezzo di mercato?

    • Giulia Naccarato ha detto:

      non so se è troppo semplice la risposta ..ma io direi perchè solo producendo la quantità per la quale il costo marginale è uguale al prezzo l’imprenditore riesce a massimizzare i suoi profitti!

      • lawandeconomics ha detto:

        Cara Giulia, non si tratta di semplicità eccessiva — la cosa non costituirebbe mai un problema di per sé — ma del fatto che sta rispondendo semplicemente parafrasando la domanda, il che non equivale a fornire una risposta. Per fare un esempio in un altro ambito, sta ragionando nel seguente modo: di fronte alla domanda “Perché la pizza fatta a regola d’arte cuoce un minuto?” sta rispondendo “Perché solo se cuoce un minuto è fatta a regola d’arte!”. Facciamo un quiz, allora: in quale tipo di fallacia logica è incorsa?
        Valerio Filoso

  179. leonardo ha detto:

    Salve vorrei lasciare una domanda di economia politica: Si consideri il modello reddito-spesa(senza stato), quale variazione della spesa autonoma esercita l’effetto più forte sul prodotto di equilibrio? Quella dell’investimento o quella del consumo autonomo? e sul consumo di equilibrio?

    vi ringrazio anticipatamente per la risposta.

    • lawandeconomics ha detto:

      Nel semplice modello che lei indica, le variazioni della spesa autonoma per investimenti o per consumi hanno il medesimo impatto sul reddito di equilibrio. Riguardo al consumo di equilibrio, invece, le variazioni del consumo autonomo inducono un livello di consumo di equilibrio più elevato rispetto a un’equivalente variazione della componente autonoma della spesa per investimenti.
      Valerio Filoso

  180. sofia ha detto:

    Egregio Professore,

    volevo chiederle se alla domanda relativa ai prestiti compensativi è corretto rispondere che sono prestiti che il governo di un paese chiede ad altri governi o istituzioni straniere(es.FMI) quando la BP del suo paese è in deficit(ossia l’ammontare dei pagamenti in uscita è maggiore di quelli in entrata)e che servono a compensare tale deficit e ad evitare che quel paese esaurisca le sue riserve ufficiali.Ho un dubbio sulla voce della BP in cui sono inseriti,credo conto finanziario ma non sono sicura.La ringrazio in anticipo per la risposta.

  181. sofia ha detto:

    Ragazzi non ho capito il principio dell’adeguamento dello stock di capitale..qualcuno potrebbe aiutarmi ??Grazie mille!

  182. lucia ha detto:

    Salve professore volevo chiederle se mercoledì riceve.Grazie

  183. Gianluca ha detto:

    Salve, volevo provi una domanda che mi è stata fatta a cui non riesco a dare una risposta soddisfacente.
    Quando il consolidamento fiscale è efficace? Quando invece la politica fiscale è pienamente efficace? Sarebbe gradita anche qualche esemplificazione. Grazie mille!!

  184. leonardo ha detto:

    Salve prof avrei qualche domanda da porgli:
    -Si consideri un titolo irredimibile che paga una cedola di 11 e il cui prezzo corrente è 55. Se il tasso di interesse prevalente nell’economia è il 10%, vi aspettate che : 1)il tasso di rendimento salga al 30%; 2) il prezzo del titolo salga a 100; 3) salga a 110; 4) il prezzo cada a 27,5. Giustificare la risposta.
    -ricavate l’equazione della curva di phillips e spiegate qualche ruolo giocano le aspettative sulla posizione della curva suddetta.
    -cosa accade nel modello IS-LM in presenza di trappola della liquidità? come è fatta la IS quando gli investimenti sono insensibili alle variazioni del tasso d’interesse?Argomenta.

    La ringrazio anticipatamente.

  185. sara ha detto:

    salve! vorrei sapere come rispondere a queste domande:
    1Considerate una economia aperta ed esaminate gli effetti di un aumento degli investimenti sul livello di equilibrio del reddito, sul saldo del bilancio pubblico e sul saldo della bilancia commerciale. Argomentate la risposta.
    2. Considerate una economia aperta ed esaminate gli effetti di un aumento delle esportazioni sul livello di equilibrio del reddito, sul saldo del bilancio pubblico e sul saldo della bilancia commerciale. Argomentate la risposta.
    Grazie. la ringrazio

  186. leonardo ha detto:

    Non so se è troppo facile ma l’equazione di accumulazione di capitale del modello di crescita senza progresso tecnologico qual’è?

  187. cristiano ha detto:

    salve professore

  188. cristiano ha detto:

    salve professore, vorrei un suo aiuto se possibile riguardo alcune domande di politica economica che non riesco a capire bene! la prima è :che effetti ha sul sistema economico una politica monetaria sistematica e non anticiclica? 2:quali sono le implicazioni di una politica di monetizzazione del debito publico.? 3:puo la banca centrale garantire un equilibrio CDdi first best nella conduzione della politica monetaria? grazie mille in anticipo spero che mi potra aiutare

  189. luisa ha detto:

    Salve, vorrei avere maggiori delucidazioni circa la curva di domanda neoclassica e il teorema di haavelmo help grazie in anticipo…

  190. anna maria ha detto:

    Prof.Panico ,sono una studentessa al primo anno fuori corso.Voglio seguire il suo corso da ottobre ed ho visto che lei avrà due cattedre.Ora il mio cognome non rientra nè nella cattedra G-M nè in quella N-R.Per questo vorrei avere delucidazioni per sapere quale dei due corsi ,a cui le insegna,seguire e soprattutto se seguendo potrei comunque essere considerata una corsista.Sperando in una sua risposta la ringrazio.

  191. lucia ha detto:

    differenza fra capitale ed investimento
    il capitale è una variabile di stock, mentre l’investimento è l’acquisto di beni destinati alla produzione di altri beni. é giusta?

  192. anna maria ha detto:

    Critica del Pasinetti a Kaldor?Non l’ho capita molto bene!!!

  193. camilla tesoro ha detto:

    Salve Prof. Panico,
    vorrei chiederle delucidazioni circa una delle domande che ho trovato nelle varie esercitazione che ci sono state proposte. La domanda è la seguente : ” Negli approfondimenti della funzione del consumo proposti da Duesenberry, Friedman, Modigliani, quali conclusioni vengono raggiunte sulle propensioni medie e marginali al consumo.”
    Da ciò che ho appreso a lezione i risultati a cui pervennero tali autori sono gli stessi, ossia che la teoria keynesiana è confermata dalle analisi econometriche di breve periodo ma non di lungo periodo. Ogni autore interpreta tali risultati in modo differente: Duesenberry offre una risposta in termini psico-sociologici, mentre gli altri in termini economici.
    Grazie
    cordiali saluti

  194. Gaia ha detto:

    Egregio professore, vorrei chiederle delucidazioni in merito all’interrelazione tra moltiplicatore e acceleratore..
    Grazie
    cordiali saluti

  195. Valentina ha detto:

    Ho una domanda riguardo politica economica, sulla funzione di produzione tra capitale e lavoro e prodotto marginale.Volevo sapere come mai un aumento della quantità di capitale, provoca un aumento del PML, e una diminuzione di PMK ? E un aumento della quantità di lavoro riduce il PML e aumenta il PMK? Quello che non mi riesco a spiegare , è questo. Grazie

  196. sonia ha detto:

    Salve professore,
    vorrei farle una domanda su Keynes.L’aumento della propensione delle imprese ad investire comporta l’aumento del potere d’acquisto della moneta?
    Grazie mille!!

  197. Credit Solution Company ha detto:

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  198. rosa merone ha detto:

    alla domanda:”come si passa dal concetto di reddito nazionale netto a quello di reddito personale disponibile”,e’corretta la risposta:
    per comprendere come si passi dal concetto di reddito nazionale netto a quello di reddito personale disponibile bisogna tener conto in primo luogo dei redditi che le famiglie percepiscono ma che non derivano dalla partecipazione al processo produttivo bensi da trasferimenti da parte della PA (indennità di disoccupazione,pensioni etc.),tra questi trasferimenti bisogna includere altresì il pagamento di interessi sul debito pubblico.In secondo luogo,per vlutare l effettiva capacità di spesa delle famiglie bigona tener conto che alcuni redditi prodotti non siano distribuiti a questo settore,è necessario dunque detrarre dal reddito nazionale netto:
    -i risparmi d impresa,
    -i REDDIti da capitale della PA
    -le imposte dirette e i contributi sociali.
    grazie per un’eventuale risposta

  199. Paolo ha detto:

    Vorrei sapere perche nella teoria neoclassica il livello del saggio d interesse dipende dalla scarsità relativa del capitale

  200. valentina93 ha detto:

    salve,
    vorrei chiedervi se questa spiegazione della trappola della liquidità, accompagnata al grafico, andrebbe bene!
    la trappola della liquidità si ha con riguardo al caso keynesiano e si verifica quando, in corrispondenza di un tasso d’interesse molto basso, la domanda di moneta a scopo speculativo diventa illimitata sicché la curva lm è orizzontale. I risparmiatori preferiscono detenere la moneta in forma liquida piuttosto che investire perchè aspettano che il tasso d’interesse salga. Nel tratto orizzontale la Lm è infinitamente elastica, qualunque politica monetaria sarebbe inefficace . Si applica così una politica fiscale: lo stato impone tassazione e quindi i risparmiatori sono costretti ad investire di più.

  201. piera ha detto:

    Domanda: come si costruisce la curva di offerta aggregata secondo la rinascita neoclassica facendo uso della “legge di okun”

  202. Raffaella Pagliuca ha detto:

    Buonasera, inizio ora l’approccio allo studio dell’economia politica e noto che Dorfman fa alcuni esempi un pò datati di mercati concorrenziali, monopolistici, ologopolistici. Dato che il mercato dei Paesi dell’UE è fondato sulla libera concorrenza, in che misura è ancora praticabile questa classificazione? Quali possono essere gli esempi di monopoli e oligopoli? Grazie.

  203. Ale97 ha detto:

    Buonasera, vorrei chiervi quali sono le teorie economiche di efficienza ed efficacia che definiscono i mercati finanziari? e se potete anche un breve confronto tra mercati finanziari e mercati reali? Grazie

  204. Mariapia Maiolo ha detto:

    Potreste spiegarmi la differenza tra lavoro come fattore della produzione e lavoro come risorsa? Grazie in anticipo.

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